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A Santa Maria Nuova concerto in memoria di don Mario Stefanoni

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Salvatore Silivestro, presidente dell’AGiMus ha diretto la sua orchestra giovanile con la consueta partecipazione e il vigore che tutti gli riconoscono

di Stefano Ragni – “Il concerto di questa sera è un ponte tra il cielo e la terra”. Parole migliori non avrebbe potuto trovare il parroco, don Calogero, per commentare il momento musicale che l’AGiMus perugina, in collaborazione con Regione dell’Umbria, Comune e Arcidiocesi ha voluto dedicare alla memoria di don Mario Stefanoni, sacerdote della Cattedrale, presbitero amatissimo da quanti sapevano godere della sua parola, del suo magistero e della sua umanissima affabilità. Lo si incontrava in questi ultimi tempi in via Punturicchio, piegato dal male, affaticato al braccio di premurose assistenti, sempre pronto alla battuta cordiale e al sorriso. In una chiesa affollata da quanti hanno voluto essere presenti a un appuntamento senza essere scoraggiati dalla pioggia battente, era chiaro che si stava scrivendo una delle ultime, estreme pagine del clero cittadino: una generazione di ministri di Dio sta lentamente uscendo di scena, con le sue memorie, le sue certezze e i suoi affetti. Senza don Mario molti di noi si troveranno più soli, più esposti alla incertezza del tempo che scorre oggi tra le mille difficoltà che tutti sappiamo.

“Pastore con l’odore delle sue pecore”, questa la frase che qualcuno ha voluto apporre sul programma di sala. E in questo significato di semplicità hanno voluto ricordarlo, dopo l’allocuzione di don Calogero, sia il fratello, con la voce spezzata dalla commozione, sia monsignor Fausto Sciurpa, canonico della cattedrale, suo compagno di studi e di preghiera quotidiana.

Far risuonare nuovamente la musica in Santa Maria Nuova, la nostra “chiesa delle Nazioni”, ornata di altari consacrati alle devozioni dei tanti studenti europei che, dal Medioevo frequentano lo Studium Perusinum è stata un’operazione difficile, tanto sembra deserto e desolato il tempio da quando lo hanno lasciato i Padri Serviti. Il portone immancabilmente chiuso segna un forte distacco tra il luogo di culto e la comunità di porta Pesa e sant’Antonio. Pure, le lastre tombali dei tanti studenti illustri che la morte ha colto nella nostra città, non risuonano più dei passi dei fedeli e questo accentua ancor più il senso di abbandono: un silenzio pesante, reso ancor più inquietante dal disfacimento dell’organo cinquecentesco edificato da Luca Blasi, un manufatto perugino che si ornava di canne preziose in argento, per la cui unicità si è mosso più di uno studioso. Ebbene, don Calogero, alla fine del concerto ha lanciato il suo messaggio, parlando di una raccolta di fondi per il suo restauro, e ha indicato in Eugenio Becchetti, il restauratore del Mattioli di sant’Antonio, colui che gli ridarà suono e vita. “Mani sante”, quelle di Eugenio, non nuove a miracolose resurrezioni di antichi strumenti, come, recentemente, quello di Fratta Todina.

Il percorso musicale della serata si è svolto con la prevedibile scorrevolezza. Salvatore Silivestro, presidente dell’AGiMus ha diretto la sua orchestra giovanile con la consueta partecipazione e il vigore che tutti gli riconoscono. Un momento di particolare commozione ha colto direttore ed esecutori nell’Adagio di Barber, legato ancora, per una intera generazione, ai disastri della guerra in Vietnam. Apertosi con l’Aria sulla quarta corda il concerto ha avuto il suo epicentro nel Concerto in mi di Bach, con la solista Sayako Obori che, dopo un turbinoso primo movimento, ha ritrovato l’equilibrio necessario per la concentrazione di quell’Adagio in do diesis minore, che è una pagina che, con la sua spiritualità, attraversa i secoli. La bella voce di Elena Vigorito, presenza scultorea, ha tratteggiato il Laudate Dominum, sorretta dal coro dell’Università degli Studi magistralmente preparato da Marta Alunni Pini. Poco dopo quella pagine stramba, ma efficace, il contrafactum ottocentesco della Preghiera di Stradella nella versione di Silivestro. Dello stesso Silivestro la firma su una Cantata dal titolo “In memoria”, vero commiato della comunità presente alla figura indimenticabile di don Mario.