Home Musica Due serate ai Notari: coro inglese per AGiMus e una parata di...

Due serate ai Notari: coro inglese per AGiMus e una parata di stelle per Amici della Musica

0

L’interesse della serata era accentuato dalla presenza in programma della suite da “L’Histoire du soldat” di Stravinskij

Ritmi difficilmente sostenibili per la più bella sala da concerti della città letteralmente presa d’assalto dalle associazioni musicali. Una offerta che supera i pur legittimi desideri degli ascoltatori, creando un vero ingorgo di proposte che non si possono tutte sostenere.

La quantità di pubblico è quella che è, e in quattro giorni sono previsti un appuntamento meglio dell’altro creando la necessità di scelte che bisogna pur adottare. Giovedì sera la sala dei Notari ha ospitato una formazione londinese che si esibiva nel contesto del festival Musica dal Mondo.
Si trattava della esplosiva corale Great Bowden recital Trust che canta abitualmente i motivi del West End, del pop e del genere di intrattenimento, e lo fa con entusiasmo e competenza, con uno spirito di apostolato che riesce a trasmettere, con metodologie adeguate, il piacere di stare insieme. Sotto la guida della sua ottima maestra, Tracey Holderness i cantori, vestiti di abiti multicolori, hanno proposto una silloge molto comunicativa del loro repertorio trasmettendo il loro piacere di essere in pedana.

Condizione condivisa da una formazione perugina che, secondo una formula adottata dal maestro Silivestro, presidente AGiMus vuole confermare lo spirito di ecumenismo che è proprio del festival. Per l’occasione è stato lo storico coro dei Cantori di Perugia a confermare un repertorio con i conosciuti canti popolari umbri di Antonio Bartolini, una delle cose più care della tradizione umbra.

Dirigeva con la nota competenza Vladimiro Vagnetti che si è fatto carico anche della concertazione del “Va pensiero” finale.

A questo proposito l’assessore Varasano, convinto sostenitore di Musica dal Mondo ha voluto ricordare, nel suo intervento iniziale, come questo profondo messaggio di umanità che Verdi ha indirizzato al mondo, sia stato cantato dai complessi corali e sinfonici ucraini all’indomani della invasione del loro paese. E certamente il pensiero dei molti dei presenti si è indirizzato ai protagonisti di questo lungo e assurdo martirio.

Appena ventiquattro ora dopo gli Amici della Musica si sono impadroniti della sala dei Priori per un concerti dai contorni eccezionali. Ieri sera infatti il direttore artistico Bronzi ha voluto ricordarci cosa sia la vera anima del sodalizio artistico perugino, ovvero il culto della musica da camera nelle sue molteplici accezioni. Lo ha fatto convocando una squadra di assi della musica internazionale, e invitandoli a celebrare una data “scomoda” come i 150 anni della nascita di Schoenberg.
La scelta di riproporre ai Notari il capolavoro del “Pierrot Lunaire “ era motivata dalla concomitanza del centenario della presentazione al pubblico italiano di questo complesso affresco espressionista. Se ne fece carico Alfredo Casella che, a due anni dall’insediamento del regime fascista, promosse una tournée del Pierrot da Milano a Napoli, toccando Firenze, Venezia e altri centri.
Di lì a lochi anni, col consolidarsi della dittatura, sarebbe stato impossibile suonare Schoenberg. Incredibilmente, sfogliando le pagine del quotidiano della gioventù fascista perugina “L’Assalto”, leggiamo che tra le città proposte, Casella aveva elencato anche Perugia, poi qualcosa andò storto e noi ci siamo persi un primato. Ma soltanto l’idea, considerando che non esistevano gli Amici della musica, fa onore alla cultura cittadina.

Ieri sera il Pierrot, intonato dalla magnifica Mojca Erdmann, era sostenuto dal pianismo “assoluto” di Alexander Lonquic e si distribuiva sull’arco di Ilya Gringols, sul flauto di Irena Kavcic e sui clarinetti di Tommsao Lonquich, tutti timbri perfettamente riflessi nelle profondità del violoncello di Bronzi. Un esecuzione piena di fuoco, tecnicamente acuminata, modernissima nella concezione degli spazi siderali che si aprono nella allucinata visione di una luna distorta, sghemba e malaugurante. Appena un anno prima, nelle edizioni Futuriste di Milano, Marinetti aveva enunciato il suo “Uccidiamo il chiaro di luna”, e questo era lo spirito con cui nel 1912 il profeta dalla dodecafonia presagiva il baratro entro cui sarebbe sprofonda, per ben due volte l’Europa. E, a quanto pare, siamo prossimi alla terza caduta. Esemplare la voce della Erdmann nella invocazione alla Madonna, in “Rapina” e in “Valzer di Chopin”. Con l’ottavino della Kavcic e trafiggere il pallido e inerme astro.

L’interesse della serata era accentuato dalla presenza in programma della suite da “L’Histoire du soldat” di Stravinskij. Solo suite non il ciclo intero, che sarebbe stati troppo pretendere. Certo una volta o l’altra bisognerà accostare il testo di Ramuz al ciclo schoenberghiano, per vedere se qualcuno sopravvive all’ascolto integrale.

Per verificare anche quel quesito che, da liceali, ci assillava. Quando Adorno pontificava sull’aspetto luidico-consumistico di Stravinskij contrapponendolo allo spessore mistico-cabalistico dei Schoenberg. Antinomia insanabile per noi che ci perdevamo il sonno. Improponibile oggi, in un momento di assoluto vuoto spirituale.

Il programma impaginato da Bronzi, che non è direttore artistico per caso, comprendeva due momenti molto importanti del camerismo novecentesco come la Sonata per violoncello di Debussy che il musicista permense si è riservato per farci assaporare del risonanze del suo strumento sottoposto alle urgenza febbrili di un tessuto particolarmente “scontroso”, ma capace di conservare il timbro umano originario.
Semplicemente esemplare il trio dell’Historie con un Gringols in grado di conservare la sua lucentezza allo Stradivari che impugnava e, a questo punto, un applauso per la brava Kavcic che ha aperto la serata con la lugubre e “cubista” Siciliana di Casella, una delle cose più brutte che il maestro torinese abbia prodotto.

Applausi tanti e qualche temeraria richiesta di bis, per fortuna subito sedata.

Ma la serata era veramente coi fiocchi. Ora tra poco un’altra convocazione degli Amici della Musica al teatrino della Sapienza. Sembra un bollettino di guerra.
Stefano Ragni