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Truffe di orologi preziosi dal carcere con un telefonino

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Le indagini avviate a seguito da una denuncia presentata da un cittadino della provincia di Perugia

Il gip di Perugia ha disposto sette misure cautelari in carcere e una dell’obbligo di dimora nei confronti di altrettanti soggetti, tutti residenti nella provincia di Napoli, per associazione per delinquere finalizzata alle truffe.

Le indagini hanno preso avvio da una denuncia presentata agli inizi dello scorso anno da un cittadino della provincia di Perugia il quale, dopo aver messo in vendita il proprio orologio prezioso, in un sito di e-commerce, era stato contattato da un soggetto che aveva manifestato interesse all’acquisito. Raggiunto l’accordo, l’orologio veniva pagato con un assegno circolare falso di oltre 8 mila euro.

Secondo quanto emerso dall’indagine – coordinata dalla procura guidata da Raffaele Cantone – a capo dell’organizzazione c’era un soggetto attualmente detenuto a Poggioreale, a Napoli, che nonostante la detenzione riusciva, attraverso l’uso di cellulari, a dirigere il gruppo e a tenere i contatti non solo con i complici ma anche con le presunte vittime.

Il presunto gruppo criminale avrebbe acquistato accessori di lusso, soprattutto orologi, con assegni circolari risultati falsi: la banda avrebbe effettuato una cinquantina di truffe che avrebbero fruttato decine di migliaia di euro in pochi mesi.
Nel documento della Procura si legge “le perquisizioni hanno portato al sequestro di due telefoni cellulari risultati in uso al detenuto nonché, presso le abitazioni degli indagati, gioielli, computer e numerosi appunti manoscritti”.

La presunta attività illecita era basata su modalità consolidate e ripetitive. Il modus operandi dell’associazione prevedeva una prima fase di ricognizione delle piattaforme di e-commerce, per individuare l’oggetto di valore e gli inserzionisti degli annunci di vendita; successivamente avveniva il contatto telefonico.

La truffa avveniva prima attraverso la messaggistica del sito e poi attraverso contatti WhatsApp; una volta acquistata la fiducia del venditore gli indagati indicavano come luogo di incontro per lo scambio dell’orologio la filiale della banca della vittima, dove sarebbe stato incassato l’assegno circolare.

Gli investigatori ritengono che i truffatori prima di incontrare il venditore predisponevano i titoli falsi con i dati della banca emittente, l’importo stabilito ed il nominativo della vittima e contemporaneamente attivavano utenze telefoniche VoIP, con prefissi geografici della lombardia, dell’Emilia Romagna e dell’Umbria che dovevano essere inseriti nel motore di ricerca Google così da farli apparire come numerazione degli istituti bancari che avevano emesso, in apparenza, i falsi assegni.

I truffatori si erano organizzati per far si che ,in caso di contatti da parte delle vittime, rispondessero sedicenti impiegati dell’istituto di credito con il compito di rassicurare l’interlocutore circa la bontà del titolo. I personaggi sospetti creavano false pagine internet delle filiali bancarie che risultavano aver emesso il titolo nelle quali comparivano i numeri di telefonico VoIP . In caso di chiamata esterna a tali numeri rispondevano o il soggetto detenuto, in via prioritaria, oppure una donna fingendosi impiegati della banca e fornivano all’interlocutore garanzie verbali relative sia all’autenticità dell’assegno nonché alla relativa provvista. Definiti tutti gli accordi della trattativa veniva concordata la data e l’ora dell’incontro, incontro al quale gli indagati partecipavano con documenti di identità risultati falsi. L’assegno circolare veniva consegnato al personale bancario il quale, accertata l’esistenza sui siti internet della filiale a cui era legato il titolo falso, individuata l’utenza e dopo aver ricevuto garanzie telefoniche, lo poneva all’incasso. Conclusa la compravendita ed entrati in possesso degli orologi, gli indagati facevano perdere le proprie tracce e solo dopo alcuni giorni la vittima si accorgeva di essere stata truffata, quando la banca gli comunicava che il titolo era falso.