Home Musica Perugia, la Grande Classica al Borgo apre la sua settima stagione

Perugia, la Grande Classica al Borgo apre la sua settima stagione

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Con la presentazione di Anna Volpini, autentica dama del Borgo, si è aperta ieri pomeriggio la settima edizione dei concerti che AGiMus e associazione Borgo s. Antonio-Porta Pesa offriranno al pubblico per tutto l’anno solare. Ventinove appuntamenti più una bella manciata di conferenze, insieme alla ricognizione sui luoghi storici della fortezza del Monmaggiore, pozzi, cunicoli, acque sotterranee. Un bel pacchetto da sfogliare insieme per riconoscersi come comunità, come ha voluto sottolineare l’assessore Varasano, da sempre convinto assertore che i borghigiani di s. Antonio sono un gruppo coeso, gente con la schiena dritta che ha saputo bonificare i vicoli dalla teppaglia che lo aveva invaso, restituendo dignità e decoro a ogni angolo dello storico viale del porcellino, quello da cui sciamarono nel 1860 i bersaglieri liberatori.

Stabat Mater di Pergolesi e Ciaccona di Antonio Rossi in prima esecuzione

Per la particolare circostanza si è pensato bene di sottolineare l’evento con una prima esecuzione, che, come ha dichiarato il presidente Silivestro, assume un particolare rilievo per il suo rapporto con la contemporaneità infatti il complesso ospite, l’insieme La Melodiosa Sorgente dei fratelli Becchetti aveva commissionato un brano a uno dei più importanti compositori umbri, Antonio Rossi. Musicista schivo e modesto, per quanto è importante nel panorama professionale, con una latitudine che spazia dalla Deutsche Grammophon al Festival di san Remo, dalla musica da film al sinfonico, dal tradizionale all’elettronica. Chi sta seguendo in questo periodo le sue visitazioni sul mondo del contrappunto sa di cosa sia capace la sua mente fervida, accesa continuamente da vorticose intuizioni, una sorta di fibrillazione da personaggio dei Racconti di Hoffnamm, un “Dottor Stranamore” che si produce nei più beffardi guizzi intellettuali. Ascoltare le sue registrazioni dei concerti dove il pianoforte opera con il mondo dell’elettronica in una sinusoide acustica che ti trascina in mondi sconosciuti, una sorta di iperuranio dove timore e tremore si coniugano con stupore e incantamento è stato uno dei più bei viaggi che abbiamo percorso in questi ultimi tempi.

Ecco quindi l’ascolto previsto, una autentica Ciaccona in la minore per violino e archi dove la incredibile capacità metamorfica di Rossi sa ricreare, alla perfezione, i modi e i tempi del Barocco. Non un calco, ma una vera identificazione con quanto avrebbe saputo scrivere uno Stradella o un Pasquini. Spirito di verità che non si smentisce anche quando il violino solista dell’ottimo Claudio Becchetti che inanella una variazione dopo l’altra, si ferma per lasciar respirare il complesso. E qui sta l’originalità, la firma di autore, che sembra volerti avvertire che il gioco delle metamorfosi di Borges ha una volontà che lo ispira e lo sorregge.

Bellissima pagina di grande respiro e pieno successo per un affresco di grande ispirazione, ma qualcosa poi non funziona nei ringraziamenti e nessuno si ricorda di presentare al pubblico l’autore, forse per il carico di emozioni suscitate.

Ora tutto era pronto per la rievocazione della pagina più pregnante, lo Stabat Mater di Pergolesi. Pagina emblematica di questa tradizione tutta umbra che l’antica sequenza medioevale ha acquisito nel corso dei secoli. Affresco della Madre dolente, di tutte le madri israeliane, palestinesi, russe e ucraine che in questo momento vedono i giovani figli straziati dalla crudeltà della guerra. Nel 2020, quando nessuna immaginava cosa sarebbe successo ne avevano parlato Riccardo Muti e Massimo Cacciari in un fortunato libretto che aveva scandagliato, attraverso la visione della Pietà del Masaccio, lo sandalo della Croce. Ma quella era roba intellettuale che non aveva previsto la follia dei nostri tempi. Forse per questo abbiamo ripercorso con particolare emozione le stazioni della Via Crucis di questa arcaica litania che è stata rievocata dalle belle voci di Federica Agostinelli e di Rosalba Petranizzi, con gli archi di Alessia Monacelli, Claudio Bcccheti, Stefano Franca, Andrea Giacometti e Catherine Daniela Bruni. Al cembalo, polposo e generoso più che mai, Eugenio Becchetti. Successo di pubblico e, naturalmente, il fuori programma che tutti hanno riapplaudito con convinzione.
Stefano Ragni