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Il Grande Torino, un pezzo pregiato del calcio italiano

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L’aereo che lo trasportava cadde sulla collina di Superga: nessun superstite

di Adriano Marinensi

Quel mattino di inizio maggio stava consolidandosi la primavera, quella delle rose e delle spine. La spina dolorosa la trovai a scuola, perché il 4 maggio del 1949 non fu una data qualunque. Ciò ch’era accaduto lessi sul quotidiano sportivo. Lo aveva portato il mio caro amico del banco accanto. Di traverso, in prima pagina, una striscia nera stava a significare il lutto. E un grosso titolo: IL GRANDE TORINO È SCOMPARSO. Il Grande Torino era la squadra di calcio italiana più famosa d’Europa. I “granata” considerati quasi imbattibili. Gli ultimi campionati nazionali li avevano vinti tutti. Quel Torino era una cosa grande per noi ragazzi. Era appunto il Grande Torino.

I fatti erano andati così. In Portogallo avevano giocato un incontro amichevole con il Benfica, di fronte a 60.000 spettatori. Una eccezionale festa di sport. L’aereo che li riportava in patria partì da Lisbona e salirono a bordo 31 persone, equipaggio compreso. Tappa intermedia Barcellona e ultimo scalo previsto a Milano. Poi, invece si decise, rotta facendo, per Torino. Forse i calciatori avevano voglia di rientrare presto in famiglia. Oppure, forse perché, a volte, il destino ti insegue per metterti sulla strada sbagliata. Viaggio tranquillo, nessun problema, tranne il cattivo tempo nella città sabauda al momento dell’arrivo.

Ebbero inizio con cautela le operazioni di atterraggio. Nebbia in alto e nuvole basse sui colli attorno. Anche sulla Collina di Superga che si doveva scavalcare per scendere verso l’aeroporto. Probabilmente il pilota perse di vista l’altimetro e ritenne d’essere ad una quota di sicurezza. Fatto sta che l’aereo fu tradito dal maltempo. Non ebbe scampo quando il terrapieno posteriore della Basilica di Superga gli comparve davanti e gli andò a sbattere addosso.

La stampa scrisse: Nessun superstite. I funerali solenni nel Duomo di Torino, con migliaia di persone al passaggio del corteo funebre. Giulio Andreotti in rappresentanza del Governo e Ottorino Barassi, Presidente della FIGC. La RAI, con Vittorio Veltroni, il padre di Walter, fece la radiocronaca diretta delle esequie, il 6 maggio 1949. Ma, chi furono i Caduti di Superga? Innanzitutto, la squadra titolare che – parola mia d’onore – qui trascrivo a memoria (la ricordo oggi come allora): Bacigalupo, Ballarin, Maroso, Grezar, Rigamonti, Castigliano, Menti, Loik, Gabetto, Mazzola, Ossola. A Superga, finì una storia, cominciò la leggenda.

A bordo anche altri 7 calciatori granata, 6 dirigenti del club, 3 giornalisti e 4 membri di equipaggio. Alcuni resti dell’aereo e dei bagagli dei passeggeri sono ospitati nel Museo allestito a Grugliasco. La Federazione decise di assegnare lo scudetto 1948 – 49 al Torino, quando mancavano ancora 4 giornate alla fine. Durante i 3 campionati a cavallo della guerra, il Torino disputò 116 partite perdendone soltanto 10 e sempre in trasferta. Ci provò il Livorno a contrastargli il passo nel torneo 1942 – 43, ma la squadra granata rispose aggiudicandosi le sette partite finali e il titolo italiano.

Morì il Grande Torino ed anche la Nazionale azzurra, in quanto formata, a quei tempi, quasi per intero da Bacigalupo e gli altri. Il primato – 10 granata su 11 azzurri – nell’amichevole Italia – Ungheria del maggio 1947, vinta 3 a 2. A differenza delle squadre di oggi, in quel Torino giocavano soltanto calciatori italiani. Proprio, per tentare il contrasto alla sua supremazia, si pensò di pescare nel mercato estero, ma l’idea non ebbe successo.

A proposito di stranieri importati in Italia, un sicuro record va doverosamente citato, perché appartiene all’Umbria. Lo ha conquistato l’eclettico Luciano Gaucci, durante i 14 anni della sua presidenza (e di Alessandro) al “Perugia calcio”. Gli annali di storia sportiva certificano che di atleti stranieri ne abbia acquistati una cinquantina, provenienti da 12 Paesi europei e 17 extra europei. Compresi, a fare da esempio, il Paraguay, la Corea del sud, il Gabon, il Senegal, persino Trinidad e Tobago. Il colpo più famoso di Gaucci fu l’ingaggio del figlio del dittatore libico Gheddafi.

Durante quel Campionato 1948 – 49, tragico per lo sport italiano, la “Ternana” frequentò la Serie C. Torneo difficile contro molte compagini di rispetto: l’Anconitana, il Siena, la Sambedettese, il Cagliari, l’Arezzo, il Perugia (a Terni vinsero i rosso – verdi 3 a 1, a Perugia i biancorossi 2 a 1). Era la “Ternana” di De Angelis (Pazzi), Lestini, Di Cintio, Mozzetta, Gisci, Strinati, Ciucci, Larena, Serlupini (nuovo acquisto dal Pontefelcino), Tossio, Turrini. Allenatore: Cenci.

E il “Perugia” di Agostinelli, Paganini, Salmoiraghi, Lombardi, Gatti, Masciolini, Lazzarini, Bini, Manferini, Bruni, Zucchini. Allenatore Nebbia. La “Ternana” finì a metà classifica; il “Perugia” salvo per il rotto della cuffia (un punto in più della Massese retrocessa).

Concludo con una antica notizia, pure questa dei pressi di casa nostra, che parla ancora tristemente di calcio. Una dozzina di anni prima di Superga, la squadra dell’ A.S. L’Aquila, compagine di Serie B, fu coinvolta in un incidente ferroviario sulla linea Sulmona – Terni, all’altezza di Contigliano, in Sabina. Si scontrarono due “littorine” che viaggiavano in senso opposto. Ci furono una quindicina di morti e un gran numero di feriti molto gravi. Alcuni rimasero invalidi. Nessuno degli atleti dell’A.S. L’Aquila poté tornare a giocare sui campi di calcio.