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Davanti ai supermarket poveri ma non per caso

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Uomini di colore ad ogni ingresso, chiedono l’elemosina, guadagnano dai 50 agli 80 euro al giorno. Ma più che accattoni fanno parte di un raket che esclude gli italiani

carrelli-supermercatodi Francesco Castellini – Se pensate che chiedere l’elemosina sia un’attività libera e indipendente provate ad allungare la mano davanti ad un qualsiasi supermarket e scoprirete che lì per voi “non c’è trippa per gatti”.

Lo ha sperimentato sulla sua pelle Mauro Rocchi, un perugino di 60 anni, rimasto senza lavoro dopo aver contratto una malattia alle mani. L’uomo non voleva credere ai suoi occhi quando, di fronte ad un supermercato a Perugia, è stato accerchiato da alcuni nigeriani che hanno minacciato di “spezzargli le gambe».

«Questo è il nostro lavoro», gli hanno strillato addosso. Lui non voleva rassegnarsi, ha chiamato la polizia, che è arrivata e si è limitata a registrare il fatto, senza intervenire. Ha spiegato ai poliziotti la sua situazione: «Sono un agronomo e cerco aiuto nel mio Paese, dalla mia gente, non c’è vergogna se si ha necessità». E poi scagliatosi contro la prepotenza dei nigeriani: «Elemosinare non può essere un’attività esclusiva – ha detto – e un supermercato non è proprietà di un elemosinante».

Anche a Taranto, un italiano disoccupato, padre di 3 figli, aveva osato tanto. Spinto dalla disperazione ingenuamente si era piazzato dinnanzi ad un noto centro commerciale per chiedere un aiutino ai tanti avventori che gli passavano davanti. E’ stato subito avvicinato da extracomunitari e informato che quel “lavoro” era già “occupato” da un immigrato africano. Il quale, appena giunto sul “posto”, in maniera brusca e sbrigativa, ha cacciato il pover’uomo e, non contento di ciò, si è fiondato all’interno della struttura per comunicare al responsabile di non permettere mai più a nessun’altro di chiedere l’elemosina davanti al “suo” supermarket, altrimenti avrebbe fatto sapere a tutti che era stato «vittima di un atto di razzismo».

Allucinante: esclusi e insultati a casa propria da questi individui così “integrati” che ormai sono entrati a far parte dell’arredo urbano cittadino. Non ci si fa nemmeno più caso. Davanti ad ogni supermercato c’è una persona di colore. «Buongiorno capo!», «Serve aiuto?», «Amico»; e con l’orecchio sempre attaccato allo smartphone allungano la mano. Piantonano l’ingresso anche tutte le 12 ore, e poi, finito il turno, passano alla cassa, si fanno cambiare in banconote gli spiccioli accumulati durante il giorno e quelli che non sono attrezzati con la bici, si allontanano a piedi con lo zainetto pieno di generi alimentari sulle spalle. Pochi passi e li vedi salire su una macchina che evidentemente è addetta alla “raccolta” serale.

Quasi tutti i clienti gli concedono qualcosa. I più “generosi” si intrattengono anche a fare quattro chiacchiere, e mai nessuno che si ponga il problema se questi individui sono poveri in proprio o siano solo pedine di un piano criminale e organizzato.

Fra i primi a sollevare la questione Carmine Camicia, consigliere di Forza Italia al Comune di Perugia, peraltro promotore di una legge contro l’accattonaggio molesto, che comprende il divieto per i lavavetri, per i venditori di fazzoletti e accendini e ovviamente pure per gli “accompagnatori dei carrelli della spesa”. «Questo dispositivo è stato approvato nel novembre del 2014 – spiega – e sono molto soddisfatto, perché lo considero prima di tutto un atto di civiltà che intende difendere i veri poveri e impedire furbe speculazioni. Bisogna combattere il raket dell’elemosina e difendere quelle persone utilizzate da associazioni a delinquere, costrette molto spesso a lottare tra loro per la “conquista della piazza”».

Un esempio arriva da Palese, frazione costiera di Bari, dove due migranti sono stati protagonisti di una rissa davanti a un supermercato. Prima la discussione, presto degenerata in una serie di offese e minacce. Poi dalle parole si è passati ai fatti. La lite, che è stata immortalata dalla videocamera del cellulare di un passante, pare sia partita proprio da una discussione su chi dei due avesse diritto a chiedere l’elemosina ai clienti del supermercato. Nelle immagini si vedono i due uomini darsele di santa ragione davanti agli sguardi allibiti dei passanti. All’arrivo dei Carabinieri i due litiganti erano già fuggiti da un pezzo.

Preoccupato dal moltiplicarsi del numero di questi episodi è anche il consigliere comunale di Biella Andrea Delmastro che in una interrogazione parla esplicitamente di «raket dell’elemosina», di un «caporalato che stabilisce turni, percentuali, profitti».

E c’è da registrare che via via contro l’accattonaggio molesto, petulante e “sospetto” alcune amministrazioni comunali si sono attivate con iniziative varie. Tutte animate da buone intenzioni, che poi però si rivelano sterili, alla prova dei fatti nessuna soluzione adottata si è mostrata efficace. Tutto risulta essere insufficiente e inutile. Le forze dell’ordine conoscono ogni viso. Pattugliano. Molti di loro, fermati e schedati, non hanno documenti, non sono regolari, non hanno fissa dimora. Non serve, quasi, portarli in Questura. Inutili le contravvenzioni. A chi recapitarle? E per uno che viene allontanato, questione di ore, e il posto viene rioccupato.

Ma allora: come difendersi, e soprattutto come distinguere i veri indigenti da furbi e profittatori? Perché una cosa è certa: gli imbroglioni vestiti da accattoni non solo alimentano traffici sporchi, ma tolgono il “pane” ai veri poveri, alla gente disperata per davvero. Il contrasto all’accattonaggio molesto e al racket diventa allora un dovere, un atto di giustizia. Il Comune di Pordenone, consapevole della propria impotenza ha lanciato un appello direttamente ai cittadini: «Se volete fare del bene sostenete le associazioni che aiutano i bisognosi».

Quell’elemosina non s’ha da fare

“Non date l’elemosina davanti alla porta”: questo è l’invito che la direzione di un supermercato di Catania ha rivolto ai suoi clienti attraverso un cartello affisso all’ingresso. Motivazione: “permette un guadagno dai 60 agli 80 euro al giorno, una quantità di denaro che un operaio specializzato italiano non riesce a guadagnare, considerando poi il fatto che si tratta di un importo netto esentasse”. «Non c’è alcun intento razzista – ha spiegato il responsabile dell’esercizio commerciale – ma solo quello di tutelare il supermercato e i clienti, che infastiditi dai questuanti, hanno perfino iniziato a non frequentarlo più». Un esempio seguito a ruota anche da un centro commerciale di Ferrara. Stesso invito e stesso cartello.

Il Famila al contrario è passato alle vie di fatto, adottando la politica dura della fermezza: nessuno più davanti alle porte o nei pressi dei carrelli. E oggi, dove operava una squadra di “accattoni”, non c’è più nulla. Perchè alla prima vista di queste figure l’ordine è quello di allontanarli.

Ma va da sé che lo Stato non dovrebbe lasciar da soli gli esercizi commerciali e le amministrazioni in questa battaglia. La lotta all’illegalità e ai falsi poveri è sacrosanta, anche perché a forza di lasciar spazio ai professionisti dell’elemosina va a finire che si vanno a ledere proprio gli interessi delle fasce più deboli, i diritti dei veri bisognosi.

E non è vero, come si dice, che siamo solo in presenza di “una guerra fra poveri”, siamo invece, semplicemente e drammaticamente di fronte ad una realtà molto più complessa, inquietante, dove si muovono indisturbate losche figure, ombre maligne che si ingrassano e che hanno fatto della miseria il loro business più grande, capaci di speculare senza ritegno sulla buona fede della gente.