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Chiuse le indagini a carico di un funzionario della Regione accusato di corruzione

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Avrebbe agevolato il rilascio di autorizzazioni ambientali in cambio di denaro

Chiuse le indagini a carico di un funzionario della Regione per il reato di corruzione. Secondo i magistrati del capoluogo umbro, l’uomo avrebbe intascato denaro da imprese operanti nel settore estrattivo delle cave in cambio di agevolazioni per il rilascio delle autorizzazioni ambientali.

Gli accertamenti iniziali, effettuati dal Nucleo Investigativo di Polizia Ambientale Agroalimentare e Forestale dei Carabinieri di Perugia, grazie al supporto anche di intercettazioni telefoniche, avevano portato, nel mese di aprile del 2021, all’arresto in flagranza di reato del funzionario pubblico e di un’imprenditrice, colti nel momento della dazione di denaro (3.000 euro in banconote di vario taglio).

Il funzionario, sentito dal pubblico ministero titolare dell’indagine, aveva sostanzialmente ammesso di aver percepito un’illecita remunerazione per aver istruito e facilitato le procedure per il rilascio della prescritta autorizzazione nei confronti di un’impresa perugina. Le successive indagini sono state delegate ai finanzieri del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Perugia che – attraverso la puntuale ricostruzione dei rapporti economici e dei flussi finanziari effettuata sulla base della copiosa documentazione, informatica e cartacea rinvenuta in sede di perquisizione ed acquisita nel corso delle attività investigative – hanno ricostruito il modus operandi con cui il dipendente pubblico avrebbe messo stabilmente a disposizione di soggetti privati la sua funzione ed i suoi poteri.

Nel dettaglio, il funzionario regionale, da una parte avrebbe garantito ai privati il proprio apporto professionale per la redazione degli atti tecnico-progettuali, dall’altra, come “istruttore” dei conseguenti procedimenti amministrativi incardinati presso il “Servizio sostenibilità ambientali, valutazione e autorizzazioni ambientali” della Regione, avrebbe consentito agli stessi di concludere favorevolmente ed in tempi rapidi i procedimenti amministrativi avviati.

Le illecite dazioni – di volta in volta pattuite e quantificate, nel periodo dal 2014 al 2021, in oltre centomila euro – sarebbero state riscosse attraverso il pagamento, da parte di beneficiari delle prestazioni, di fatture per operazioni inesistenti emesse da una società formalmente amministrata dalla moglie del funzionario ma, di fatto, riconducibile al dipendente pubblico.

Gli elementi raccolti hanno anche consentito di identificare ulteriori soggetti che avrebbero concorso nell’attività e a cui sono stati contestati a vario titolo i reati di corruzione e reati fiscali. Avendo, inoltre, riscontrato l’assenza o l’inefficacia di modelli di organizzazione e gestione idonei a prevenire le condotte corruttive, a sei aziende sono state contestate le ipotesi di illecito amministrativo dipendente da reato, ai sensi del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231. Con la notifica dell’avviso di conclusione, gli indagati avranno la possibilità di difendersi, depositando documentazione o chiedendo di essere interrogati.