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Anche in Umbria la piaga del femminicidio si fa sentire ed è sempre più allarmante

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Il numero dei casi colloca la nostra regione nel mezzo della brutale statistica

Il femminicidio è un orribile fenomeno in espansione, che fa registrare un insopportabile maledetto bilancio. Ogni giorno, ogni settimana, ogni mese, l’elenco dei nomi, delle vite e delle storie di donne morte per mano degli uomini è drammaticamente in rialzo.
In Italia ogni tre giorni viene uccisa una donna. Questa è una realtà sconcertante che sottolinea quanto sia diventata un’emergenza la questione della violenza di genere.

Il caso della 22enne Giulia Cecchettin, brutalmente assassinata dall’ex fidanzato Filippo Turetta, ha riacceso la luce nei confronti di questa piaga sociale. Sì, perché, oltre che ad impressionare e sconvolgere l’opinione pubblica, ha avuto il potere di mettere in risalto un altro sconcertante aspetto: la violenza sulle donne riguarda molto anche i giovani, nello specifico gli under 30.

Il caso della 22enne Giulia Cecchettin ha riacceso la luce nei confronti di questa piaga sociale.

Stando ai freddi numeri, nel corso del 2023, come notifica il Viminale, entro la data del 12 novembre sono stati commessi in Italia 285 omicidi.
Di questi, 102 hanno avuto come vittime una donna, quelle uccise in un ambito familiare/affettivo sono state 82, di cui 53 per opera del partner o dell’ex, due in più dell’anno precedente nello stesso periodo. In un confronto alla fine dell’anno, le donne vittime di questo tipo di omicidi sono state 61 nel 2022, 70 del 2021 e 68 del 2020.

Ma quello che colpisce ancora di più è il fatto che su 54 femminicidi dieci di queste vittime avevano meno di trent’anni.
I dati sui casi tra i giovani mostrano dunque come il retaggio culturale maschilista non appartenga solamente alle vecchie generazioni abituate a certe arcaiche visioni di ruoli e assetti familiari prestabiliti, ma si è andato a diffondere malamente anche fra le nuove generazioni, che con tali atti dimostrano sempre più di essere incapaci di rispettare la vita e la libertà dell’altro sesso.

E non si può non essere d’accordo con il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, che in una intervista ha detto: «ogni femminicidio è una durissima sconfitta per la società» rimandando al contempo al disegno di legge all’esame del Parlamento per rafforzare le azioni di prevenzione.
Aggiungendo inoltre che «occorre agire sul piano culturale ed educativo, soprattutto nei riguardi dei giovani, per evitare ogni forma di violenza e sopraffazione».

Perché non c’è dubbio alcuno che la lotta contro il femminicidio richiede consapevolezza, educazione, prevenzione, supporto alle vittime e rafforzamento dell’impianto legislativo, un percorso che necessita anche di un’approfondita e ampia analisi di dati e statistiche, numeri che inquadrano perfettamente la storia di una strage che sembra inarrestabile.
E non c’è dubbio alcuno allora che è tempo di ricominciare dalle basi, dal rispetto. Il rispetto per gli altri, per la natura, per la vita stessa. Solo allora potremo sperare di porre fine a questa ondata di violenza e costruire una società in cui ogni individuo possa vivere in sicurezza e dignità.

Anche in Umbria la piaga del femminicidio si fa sentire ed è allarmante. La regione si colloca nel mezzo fra le regioni italiane.


E bene ha fatto allora la capogruppo regionale del Partito democratico, Simona Meloni, in vista della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, a chiedere “un segnale forte alla società umbra, dai partiti alle associazioni, affinché si lavori per un netto cambio di paradigma e di società finora troppo patriarcale”.

Simona Meloni

“Ogni componente della nostra società – spiega Meloni in una nota dell’ufficio stampa dell’Assemblea – deve esprimere nettamente la condanna a qualsiasi violenza di genere e ogni comunità deve diventare un luogo sicuro per una donna. Quello che vediamo è invece che la violenza dilaga e attraversa le età, le classi sociali, il territorio in un contesto in cui gli squilibri tra uomini e donne sul fronte lavorativo sono ancora troppi. Le donne lavorano di più e guadagnano di meno: questo è ormai un dato di fatto e una certezza della nostra società che vuole dirsi moderna. In tutto ciò, come in una guerra, ci si sta abituando alla contabilità delle vittime: nostre figlie, nostre sorelle, nostre mamme, nostre amiche. È arrivato il momento di cambiare passo e di dire basta a questo conteggio che dice che ogni tre giorni una donna viene uccisa dal suo compagno o ex, comunque uno di casa. È arrivato il momento di ripartire dalle famiglie e dalle scuole. Le prime che sono il nucleo fondamentale in cui l’individuo trascorre più tempo e le scuole, già parte integrante dell’educazione scolastica e che troppo spesso si trovano a supplire la famiglia nell’educazione con mezzi non adeguati. Iniziamo a dare anche alle scuole gli strumenti giusti per parlare di tossicità e di dipendenze, anche affettive, e di educazione sentimentale. Siamo diventati una società troppo distratta che punta sulla massa e non sul singolo”.

“Tutti gli strumenti a disposizione vanno usati – continua Meloni – dai Centri antiviolenza che devono avere fondi certi e sufficienti alle proprie attività, fino a tutte le forme di supporto psicologico e di formazione. Occorre lanciare una vera filiera antiviolenza, strutturata e concreta. Una filiera che parta dalla famiglia, che in questa battaglia deve avere un ruolo centrale. Un nucleo dal quale partire per ripensare una società con una filiera antiviolenza che possa intervenire qualora si ravvisassero comportamenti anomali. Fondamentale anche il ruolo dell’uomo, che deve diventare attivo e non più passivo. Gli uomini devono essere protagonisti di questa rivoluzione e di un nuovo modello di società. Il ruolo degli uomini deve diventare centrale, che si riparta da loro facendoli diventare centrali per l’educazione dei figli. Per gettare un altro seme e spingere anche sul fronte istituzionale presenterò un’altra mozione urgente che vorrei coinvolgesse anche i comuni. Occorre anche una convocazione urgente che diventi permanente della Commissione sul femminicidio del Consiglio regionale, affinché possa lavorare sulla tutela dell’autodeterminazione della donna a 360 gradi. Sono certa che troveremo il modo di lavorare tutti insieme per cercare di migliorare le condizioni dell’Umbria”.