Home Attualità Violenza sulle donne: in Umbria il fenomeno è in costante espansione

Violenza sulle donne: in Umbria il fenomeno è in costante espansione

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Casi eclatanti nella nostra regione e a Perugia i procedimenti penali aperti sono oltre 100

Non si placano i casi di violenza sulle donne in Umbria. Negli ultimi giorni la cronaca ha registrato due casi eclatanti: quello di una ragazza che a Perugia ha denunciato il fidanzato straniero di 36 anni che, ubriaco, si era lamentato del ritardo nella preparazione del pranzo e per questo ha lanciato la pentola di acqua bollente a terra provocandole ustioni.

Poi, non pago di quanto fatto il trentaseienne l’ha afferrata al collo e le ha quindi lanciato un oggetto colpendola alla nuca. I poliziotti l’hanno denunciato per lesioni personali aggravate.

E ha fatto scalpore anche la vicenda di una ragazza di 22 anni che ha affermato di essere stata violentata dal titolare di un locale notturno, un 53enne originario della zona di Perugia. Per questo motivo l’uomo è stato iscritto dagli inquirenti nel registro degli indagati per violenza sessuale.

In Umbria l’Istat ha stimato che il 5,2% delle donne con almeno 15 anni di età ha subito violenze in ambito domestico. Il dato rivela una percentuale superiore alla media italiana pari al 4,9%. Mentre il 9,1% delle donne umbre tra 16 e 70 anni ha invece subito violenza fisica o sessuale dal proprio partner negli ultimi 5 anni contro il 7,7% della media italiana.

Per fortuna nella nostra regione non si sono registrati di recente casi di femminicidi, mentre sono in aumento le donne che subiscono violenze e riescono a superare la vergogna o la paura di denunciare i soprusi subiti, stalking inclusi. Negli ultimi cinque anni sono tremila le vittime che si sono rivolte ai centri anti-violenza della regione, quasi trecento a Perugia, 230 a Terni. In media 23 casi al giorno.

Mentre sono state 191 coloro che si sono rivolte al Telefono donna di Perugia, aperto a novembre 2018, 33 quelle per cui è stato attivato il servizio di pronta emergenza. E tra queste figurano anche 37 minori.

A Perugia i procedimenti penali aperti sono oltre 100. Molti ancora in attesa di giudizio.
La Regione Umbria, a fronte di questo inquietante fenomeno in costante espansione ha previsto l’istituzione dell’Osservatorio regionale sulla violenza degli uomini contro le donne, con la conseguente definizione di azioni e politiche di intervento e di monitoraggio.

L’Ente ha quindi realizzato un sistema di supporto alle organizzazioni facenti parte della rete anti-violenza: queste ultime, ciascuna in relazione alle proprie competenze, sono invitate ad inserire nel sistema S.E.Re.N.A., tutte le informazioni relative ad ogni specifico caso. Il sistema informativo attivo dal 2018 è uno strumento necessario allo studio del fenomeno, per l’identificazione delle linee da attuare e per il monitoraggio delle attività. Nel novembre dello sorso anno, ha registrato nel solo 2019 un numero di 670 segnalazioni dirette di violenza sulle donne. Di queste 30 in emergenza/urgenza, 236 al Cav (Centro Antiviolenza) di Perugia, 156 al Cav Terni, 128 al Cav Telefono Donna, 54 al Cav Spoleto, 33 al Cav Orvieto, 25 al Cav Narni, 8 al Cav Città della Pieve.

Lo scorso novembre Simona Meloni, consigliere regionale dell’Umbria in quota Pd, vicepresidente dell’Assemblea legislativa, in occasione della “Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne” ha dichiarato: «Mentre i casi di Covid-19 continuano a mettere a dura prova i servizi sanitari, i servizi essenziali, le case-rifugio per la violenza domestica e i numeri di emergenza telefono donna, così come le richieste di aiuto ai centri anti-violenza, stanno raggiungendo la capacità massima. Serve dunque andare oltre la testimonianza, seppur importante, e cogliere l’occasione di questa giornata per assumere impegni concreti e per riflettere su quanto si può e si deve fare per evitare, dentro e fuori le mura domestiche, stupri, femminicidi, violenze fisiche, psicologiche, morali, economiche».

Ad aumentare anche il numero di vittime che hanno deciso di telefonare: da 12 si è passati a 25. Numeri relativamente bassi ma che hanno delineato una chiara linea in ascesa. Per l’istituto di statistica, le campagne di informazione hanno fortemente influito. Molte donne si sono rivolte a un Cav D.I.Re.: dal 2 marzo al 3 maggio, in Umbria, sono state registrate 21 richieste, di cui 17 erano donne già seguite.

In Umbria ci sono due centri antiviolenza residenziali, a Terni e Perugia. Ci sono poi le case rifugio e le case di semiautonomia. Mentre quelli a sportello hanno chiuso e hanno offerto i servizi da remoto; i Cav residenziali e le case rifugio sono rimaste aperti.
Il sociologo Alberto Pellegrino in un suo recente commento sul delicato tema della violenza alle donne ha affermato che tale fenomeno viene considerato dall’Onu “un flagello mondiale”.

Gli aggressori appartengono a tutte le classi e compiono abusi fisici e sessuali su soggetti adulti e su minori, in ambito lavorativo e in famiglia. Per combattere questa forma di vigliacca, oltre alle leggi, servono adeguate forme di prevenzione e di educazione.

Ma bisogna intervenire in fretta. Sì perché il fenomeno barbarico sta raggiungendo dimensioni preoccupanti, in quanto non comprende solo soprusi e maltrattamenti, ma include anche vessazioni psicologiche, ricatti economici, minacce, persecuzioni di vario genere, fino a sfociare nella forma più estrema della sopraffazione fisica. Secondo i dati ufficiali si stima che sono almeno siano state al momento almeno sette milioni le vittime della malvagità maschile. In Italia la situazione è drammatica.

La conferma viene dal rapporto del Servizio analisi criminale della Polizia. Si suppone che l’aumento dei casi derivi anche dalle restrizioni imposte dal lockdown che ha costretto molti partner già considerati a rischio, a convivere forzatamente all’interno delle stesse mura domestiche.

Nel 70% dei casi l’assassino è il marito, poi vengono gli ex conviventi e fidanzati. Ad uccidere è quasi sempre l’uomo che avevano accanto, di cui si fidavano, con cui dividevano il dramma e le ansie quotidiane. Per molte di loro la morte non è arrivata all’improvviso.
L’Eures, alla fine di gennaio dello scorso anno aveva commentato: “il femminicidio rappresenta l’ultimo anello di una escalation di vessazioni che la presenza di un’efficace rete di supporto potrebbe invece riuscire ad arginare”.

Tesi confermata dal procuratore Giovanni Mammone che, parlando del “Codice rosso”, e riferendosi all’insieme di norme introdotte a luglio dello scorso anno, ha sottolineato come «l’intervento in favore delle vittime debba interessare non solo le strutture giudiziarie, ma anche quelle pubbliche (servizi sociali), private (associazioni di volontariato) e sanitarie, sulla base di un modello di intervento di cui dovrà necessariamente essere individuato un credibile soggetto di coordinamento».