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Vasta operazione di polizia in diverse regioni d'Italia: società comprate e fatte fallire con la truffa

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Specialisti e commercialisti si arrichivano facendo debiti sino a 50 milioni, dovranno rispondere di bancarrotta fraudelenta, associazione a delinquere, truffa e evasione erariale

Raffaele Cantone

Associazione per delinquere, bancarotta fraudolenta aggravata e in concorso, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, omesso versamento dell’Iva, questo il risultato di una mega indagine iniziata nel febbraio 2020, nei coinfronti di un consulente finanziario, di origini calabresi – residente da tempo nel Perugino -, in stretti rapporti con un ex commercialista di Roma, già noto alle fiamme gialle per trascorse vicende giudiziarie, per svariati reati di natura economico-finanziaria.

Sulla base delle indagini i carabinieri del Ros, con il supporto del comandi provinciali di Perugia, Roma e L’Aquila, hanno eseguito un’ordinanza applicativa di misure cautelari, emessa dal Gip presso il tribunale di Perugia su richiesta della Dda di Perugia, nei confronti di otto persone.

Il gip di Perugia ha poi individuato nel tribunale di Trento, la città con maggiori e più gravi reati di bancarotta, la sede competente per dare corso al processo, rtitenendo doverose le disposizioni di ritenute necessarie per interrompere le condotte criminose. L’avvenuta esecuzione delle misure cautelari è stata comunicata ieri con una nota stampadal Procuratore, Raffele Cantone.

L’ex commercialistra noto come l’‘imperatore’ era l’organizzatore di un complesso sistema che, attraverso bancarotte pilotate, truffe ai danni di altri imprenditori, frodi fiscali e altro genere di reati gravi, avrebbe contribuito in maniera sistematica al dissesto un cospicuo numero di aziende, facendo accumulare alle società 50 milioni di euro, a discapito di fornitori e dipendenti delle aziende nonché dell’erario.

Un vero sodalizio criminale, di cui facevano parte, altri indagati, ora ai domiciliari, che operavano in modo particolare da Roma e rivestivano incarichi di amministratori, formali o di fatto delle società utilizzate per drenare gli attivi distratti dalle imprese portate al dissesto.

Tra gli indagati risulterebbero anche tre prestanomi, titolari fittizi di aziende coinvolte nel disegno criminoso.

Il gruppo criminale si era specializzato nell’acquisizione di società sul mercato, nei settori della pubblicità, edilizia, turismo, sanità, assistenza agli anziani, gestione di asili, informatica e commercio, attive nelle aree geografiche di Umbria, Toscana, Lazio, Lombardia, Puglia, Trentino Alto Adige e Campania.

Il gruppo era operativo anche nel trasferimento degli asset più redditizi ed in attivo, spesso comprendenti anche importanti commesse pubbliche e l’università La Sapienza, il Comune di Ravenna e la Provincia di Bolzano. Riconducibili all’organizzazione sono stati scovati anche contratti di cessione di ramo d’azienda stipulati per corrispettivi incongrui.

Una volta private le aziende di tutte le risorse venivano sistematicamente svuotate  le società,lasciandole scarne di ogni attivo patrimoniale per poi farle fallire evadendo, in questo modo, ogni pretesa dei creditori e dell’erario. I ricavi illeciti venivano successivamente versati in società intestate a prestanomi.