Home Attualità Pandemia, è boom di furti nei negozi e nei supermercati

Pandemia, è boom di furti nei negozi e nei supermercati

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In quest’epoca segnata dalla pandemia, in tutta la Penisola si segnala un fenomeno particolare: quello che riguarda i furti in esercizi commerciali. In base alle denunce fatte il numero dei taccheggi è raddoppiato rispetto all’anno precedente.
E che questo fenomeno sia legato alla crisi mondiale causata dal Coronavirus non v’è dubbio alcuno.
La perdita di centinaia di migliaia di posti di lavoro, la povertà indotta, sicuramente ha avuto un forte impatto sul commercio al dettaglio, con persone che pur di mantenere lo stesso tenore di vita che avevano prima si sono sentite “autorizzate” ad appropriarsi indebitamente di molti prodotti di consumo quotidiano.
E così, dopo mesi di misure di lockdown, distanziamento sociale e nuove norme sul lavoro, molti punti vendita, quelli almeno che non si sono arresi e non hanno abbassato in maniera definitiva le saracinesche, continuano a impegnarsi e a stare cocciutamente in prima linea per venire a patti con la “nuova normalità” che si è venuta a creare.
Secondo vari
studi l’effetto del Covid-19 sul settore della vendita al dettaglio sarà peggiore della crisi economica del 2008, a tal punto che molti commercianti stanno già pagando a caro prezzo le difficoltà di questo scenario portatore di ulteriori disagi e di una serie di nuove preoccupazioni.
Sì, perché accanto alle regole di distanziamento sociale, alle norme igieniche e di sicurezza che scoraggiano i consumatori dall’acquistare fisicamente, i dati recenti indicano anche che il taccheggio è in forte aumento.
Secondo studi come quello del National Center for Biotechnology Information, con la riapertura dei punti vendita fisici molte attività commerciali hanno assistito ad un moltiplicarsi dei furti all’interno del proprio negozio da parte dei clienti.
Tant’è che il taccheggio è diventato uno dei principali reati contro il diritto di proprietà. Secondo i dati dell’Associazione nazionale per la prevenzione del taccheggio si registrano almeno 1.000 episodi al giorno.
Tuttavia, si stima che il numero effettivo di tali casi sia probabilmente da 15 a 20 volte superiore, poiché i taccheggiatori non sempre vengono individuati, catturati o denunciati alla polizia.
Una perdita che si rivela in tutta la sua recrudescenza nel momento del bilancio inventariale.
Un conto che in Europa arriva a 3,3 miliardi, cui vanno aggiunti 1,5 miliardi di spesa per adottare contromisure di sicurezza nei negozi, pari al 2,05% del fatturato annuale.
A sottolinearlo è il rapporto “Retail Security in Europe. Going beyond Shrinkage”, condotto da Crime&tech (spin-off del centro Transcrime dell’Università Cattolica del Sacro Cuore), che ha raccolto i feedback di circa 23mila esercizi commerciali in 11 Paesi, Italia compresa.
La fotografia delle differenze inventariali – che analizza i dati di circa 3.500 punti vendita, le statistiche degli uffici giudiziari nazionali e 1.600 notizie di reati (furti e rapine) registrati nel commercio a livello europeo nel periodo 2015-2017 – fa riflettere sull’entità del fenomeno e sulla necessità di adottare sistemi di controllo per arginarlo.
Le cifre complessive, che tengono conto sia delle perdite sia delle relative spese in sicurezza, per il nostro Paese toccano i 4,8 miliardi di costo annuo e incidono per l’1,2% sul fatturato delle aziende italiane.
Tra i settori più colpiti c’è l’alimentare, dove le differenze inventariali si aggirano sul 2% del fatturato (2,4% in Italia), e l’abbigliamento con l’1,4 per cento.
Quelli che registrano i tassi più bassi sono, invece, elettronica (0,4%), bellezza e cosmesi (0,5%) e articoli sportivi (0,7%).
Questi valori tengono conto dei furti esterni e interni, ma anche di eventuali errori amministrativi, uso non conforme, scarti, merci scadute e merci e prodotti freschi danneggiati.
Lo studio, svolto con il supporto di Checkpoint Systems (leader globale nella fornitura di soluzioni from source to shopper per il settore retail), rivela anche quali sono i prodotti più rubati: nell’alimentare, i primi cinque sono bevande alcoliche (liquori e champagne), formaggi, carne, dolci e pesce in scatola; nell’abbigliamento (soprattutto sportivo) sono accessori, maglieria, pantaloni e camicette; telefoni cellulari e auricolari sono in cima alla lista nel settore dell’elettronica.
In Italia i valori delle differenze inventariali più elevati si registrano nei punti vendita situati nelle province di Genova, Milano, Imperia, Bologna e Napoli.
I periodi in cui si riscontrano i maggiori “scostamenti” sono quelli legati al rilascio di nuove collezioni o prodotti, le festività e i fine
settimana.
Secondo i negozianti italiani, il taccheggio è la causa più frequente delle differenze inventariali sul territorio nazionale, seguito dai furti (inclusi quelli commessi dai dipendenti), dai furti con scasso e dalle rapine.
Queste ultime, per il 52,8% dei casi si sono svolte tramite minacce, ma senza il ricorso di alcun tipo di arma; per il 22,2% con armi bianche (tipicamente coltelli) e per il resto con armi da fuoco e con episodi marginali di violenza fisica.
Oltre al grab and run (prendi e fuggi), i metodi più utilizzati sono la rottura di etichette/placche antitaccheggio e l’uso di borse schermate.
Gli esercenti italiani sottolineano anche il ruolo svolto dalle micro-bande, composte da 3-4 persone, spesso specializzate e ben attrezzate, con strumenti per staccare le etichette, jammer (cioè disturbatori di frequenze) e magazzini dove conservare la merce rubata.
Sono in forte aumento anche forme fraudolente interne più sofisticate, come falsi vuoti, resi fittizi, e frodi legate alle carte fedeltà.
Si fa l’esempio del cassiere truffatore che può caricare sulla propria carta i punti ottenuti dai clienti sprovvisti della tessera, oppure può creare un falso reso merce per appropriarsi del denaro, ovvero sovrastimare il valore di un reso e ottenere in profitto dalla differenza di prezzo.
In altri casi il personale manipola i dati relativi alle vendite al fine di raggiungere i target e ottenere bonus, oppure modifica il prezzo impostato della merce nei sistemi informatici dell’azienda, applicando uno sconto per sé.
Secondo lo studio di Crime&tech, l’80% dei negozianti intervistati utilizza sistemi di videosorveglianza, il 70% tecnologie Eas (tag o etichette elettroniche) e sistemi di allarme gestiti da terzi.
Ma c’è da dire che le nuove tecnologie hanno anche favorito l’aumento di tale crimine, facendo emergere nuove modalità per rubare con destrezza e commettere frodi.
Tutto questo avviene mentre su tutti gli altri fronti è letteralmente crollato il numero dei reati.
Sicuramente molto lo si deve al lavoro delle forze dell’ordine, sparse in tutto il territorio per monitorare la situazione pandemica e dunque per evitare assembramenti e facili contagi.
Il dato che maggiormente colpisce in questo quadro, è il calo dei furti in abitazione, le cui denunce sono letteralmente dimezzate, per uno dei reati che da sempre provoca maggiore allarme sociale e che comunque vede l’Umbria in controtendenza, purtroppo fra le aree più colpite dai topi di appartamento.
In compenso le rapine sono praticamente scomparse, così come le ricettazioni, i danneggiamenti e le violenze sessuali.
In crescita invece le estorsioni e le truffe informatiche, specchio di una maggiore frequentazione di siti internet e social forum, ma anche dell’aumento degli acquisti online.
Sono calati i reati, ma paradossalmente sono aumentati arrestati e denunciati, così come il sequestro di armi.
Ciò è dovuto al fatto che nel periodo in esame è cresciuto il numero delle persone controllate.