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Morte Vincenzo Bosco, sette medici rinviati a giudizio

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Il 39enne morì all’ospedale di Perugia a causa di un ago nei polmoni

Tutti rinviati a giudizio i sette medici accusati della morte di Vincenzo Bosco. Lo ha deciso il giudice per le udienze preliminari Elisabetta Massini.
I sette medici erano sottoposti ad indagine con l’accusa di omicidio colposo in relazione alla morte in ospedale a Perugia di Vincenzo Bosco, il 39enne deceduto il 26 aprile 2022 in un letto dell’ospedale Santa Maria della Misericordia di Perugia con un ago da insulina in un polmone, ingoiato dopo un’iniezione di cocaina per via endovenosa sublinguale.

Quattro giorni prima del decesso, Bosco era stato ricoverato in day surgery per un banale intervento al naso. Per questo motivo si trovava in otorinolaringoiatria.
Quello stesso giorno poi, una volta portato in sala operatoria, nelle primissime fasi di anestesia aveva iniziato ad accusare dei problemi.
Allora era stato sottoposto a rx e tac da cui era emersa la presenza di un corpo estraneo nei polmoni. Un ago da insulina.

La procura – il pm titolare dell’inchiesta è Franco Bettini – aveva iscritto nel registro degli indagati gli operatori sanitari che avevano avuto in cura l’uomo, che poco prima dell’intervento aveva avuto il Covid, circostanza che aveva costretto i medici a rimandare l’intervento ma che nessuno aveva comunicato agli anestesisti. L’uomo era quindi morto per una crisi respiratoria.

Secondo la procura i medici avrebbero tenuto “condotte colpose omissive autonome, negligenti ed imprudenti”.

Per tutti, anestesisti e otorinolaringoiatri, tre dei quali specializzandi, il sostituto procuratore Franco Bettini ha chiesto il processo con l’accusa di omicidio colposo e responsabilità colposa in ambito sanitario. 

Per evitare la morte, è la tesi della procura, sarebbe bastato che Bosco, soggetto con note problematiche respiratorie, fosse stato sottoposto ad una radiografia toracica, “esame che avrebbe evidenziato la reazione infiammatoria polmonare prodotta dalla presenza del corpo estraneo e che avrebbe pertanto sconsigliato l’esecuzione dell’operazione”. 

Parte civile nel procedimento la famiglia di Vincenzo Bosco, che all’azienda ospedaliera perugina ha chiesto un risarcimento di un milione e trecentomila euro per responsabilità civile.