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L’Umbria e la carenza di politiche regionali nel settore turistico

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La nostra regione resta fuori dalla ripresa economica registrata nel 2017. E’ solo colpa degli strascichi del terremoto o vi sono motivi più strutturali? L’impressione è che la classe dirigente umbra non sia idonea a cogliere i nuovi fenomeni internazionali e nazionali

Palazzo Donini
Palazzo Donini

di Mario Roych – Ai miei allievi politici ho sempre ripetuto fino alla nausea che nelle cose c’è una gerarchia, molto precisa. A capo di tutto è la dimensione internazionale e perciò la politica estera, quindi il livello nazionale e infine quello locale. Questo non vuol dire che la terza dimensione sia poco importante.

Mi sembra di poter dire che quest’assunto sia particolarmente valido anche in questo momento. Vediamo il perché.

In Italia sembra che ci sia stata, nel corso del 2017, una ripresa economica. Questo è vero in termini di produzione del reddito, del prodotto interno lordo (PIL), meno per quanto riguarda la situazione sociale. Il dato sul famoso milione in più di posti di lavoro, deve essere preso con cautela, come sa bene qualsiasi esperto studioso delle indagini Istat sulle forze di lavoro. Bisogna stare attenti alle scivolate, come da ultimo, quella della Confindustria. Ha dichiarato: “Abbiamo creato un milione di posti di lavoro”, mentre sappiamo benissimo che il settore propriamente industriale nel suo complesso non crea ma strutturalmente riduce l’impiego di persone nel processo produttivo a seguito dell’impiego di nuove tecnologie. Quindi una persona di mia conoscenza direbbe “calma e gesso”. La mia sensazione che questi dati siano gonfiati dal ricorso a occupati stagionali, conseguente al pieno turistico verificatosi quest’anno in tutto il paese e iniziato l’anno passato in conseguenza della minore concorrenza esercitata dai paesi nord africani e medio orientali per i noti motivi. Da questo boom è restata estranea l’Umbria. Secondo quello che si sente dire tra gli operatori del settore alberghiero, ciò dipende in larga misura dallo strascico dei terremoti del 2016: l’opinione pubblica nazionale e internazionale considererebbe insicura l’intera regione (non soltanto la Valnerina) e perciò eviterebbe di soggiornare in essa. Giudizio fondato o semplice impressione alla quale ci si aggrappa per nascondere cause strutturali (strutture ricettive, trasporti, marketing)? In ogni caso si rileva la carenza delle politiche regionali nel settore turistico, non idonee a cogliere i fenomeni internazionali e nazionali nel settore.

Riassumendo, possiamo dire che la ripresa economica italiana è comunque legata alle misure attuate dal Governatore della Banca centrale europea (BCE) Draghi, sostenuto dall’intero direttorio, azioni che hanno ridotto il costo del denaro e provocato una peraltro non duratura svalutazione dell’euro rispetto al dollaro, che ha agito come leva per le esportazioni europee nell’area del dollaro. Preoccupa, al riguardo, l’inversione registrata nelle ultime settimane, con la ripresa dell’euro rispetto alla moneta americana.

A questo punto ci domandiamo: esistono tendenze internazionali fondamentali che potrebbero determinare o condizionare le dinamiche economiche nazionali e locali? Ce ne sono moltissime, oltre a quelle già citate riguardo alla continuità delle politiche monetarie della BCE (soggette a una verifica per la fine dell’anno), ai vincoli sulle esportazioni determinate dal rapporto fra le monete, dalla stretta sul commercio internazionale derivante dall’insorgere di politiche protezionistiche nel mondo anglosassone e, infine, dal ritorno sul mercato turistico dei paesi africani e asiatici. Ognuno di questi fatti cambia il quadro in cui muoversi e quindi determina la necessità di adeguamento delle politiche nazionali e locali.

Oltre a questo, si possono considerare tendenze che determineranno effetti a più lungo termine. Il presidente della Commissione europea Juncker ha finalmente rilanciato l’idea di un’Europa forte, consapevole del suo ruolo mondiale.

Maggiore integrazione unitaria, ripresa dei valori originari dell’idea europeista (cominciando dalla libertà assoluta di movimento per i cittadini europei) e riforma della governance economica (con l’istituzione di Ministero dell’economia che possa affiancare la politica monetaria della BCE con quelle strutturali per i trasporti, per l’industria e per gli altri settori economici), sono le conseguenze pratiche di quest’orientamento del Presidente. Occorre smettere con i lamenti inconcludenti, con il nascondere la bandiera europea, con quanto alimenta la propaganda euroscettica, cercando invece di partecipare a questa rifondazione dell’Europa.

Sullo sfondo resta il tema del nuovo modello di sviluppo economico, tema al quale si sta applicando Papa Francesco con una continuità d’interventi poco usuale. Vuole un modello ecosostenibile e a misura dell’uomo. Ritornando dalla Colombia, ha detto, riferendosi ai disastri di questo mese, sparsi in tutto il mondo, che “un uomo è stupido se nega gli effetti del riscaldamento globale della terra”. A più riprese ha invitato a distribuire i vantaggi dell’innovazione tecnologica a tutti i protagonisti della produzione, il che porterà sicuramente alla riduzione dell’orario di lavoro, per un impiego di un maggior numero di lavoratori. Si comincia a discuterne nelle società più progredite, l’onda arriverà anche in Italia e in Umbria.

Credo che il punto di riferimento italiano sarà il ministro Graziano Del Rio. Le sue dichiarazioni hanno avanzato riserve sulle politiche del Ministro dell’interno Minniti e sulle resistenze del Pd all’approvazione dello jus soli, ma non sembrano direttamente connesse con i temi analizzati. Tuttavia, la loro connessione temporale fa presagire che il Ministro stia ponendosi in modo innovativo rispetto al tradizionale renzismo e alla politica alla camomilla di Gentiloni.

Ci chiediamo ora come in questa situazione si collocano la politica umbra e più specificatamente il centro sinistra. Detto che la presidente Marini ha esaurito qualsiasi azione innovativa, immersa nell’ordinaria amministrazione, occorre aggiungere che l’unico personaggio del PD che potrebbe succederle innovando è il sottosegretario Gianpiero Bocci. Ma si trova in un sentiero molto stretto, come ogni politico del suo partito. Infatti, l’adesione massiccia e incondizionata dei quadri e dei militanti alla persona del politico fiorentino, sembra aver tarpato ogni discussione propositiva all’interno del PD. Renzi è riferimento assoluto e indiscusso fra i militanti del partito, non bisogna trascurare che non c’è più l’appeal verso i contesti sociali. Mi dicono che nell’ultima presenza in Umbria, l’accoglienza ricevuta non abbia soddisfatto il politico toscano.

C’è molta curiosità su quanto accade alla sinistra del PD. Il movimento di Bersani, Pisapia, d’Alema, Civati e Tabacci stenta a prendere consistenza. Ha il sostegno di una parte importante della vecchia dirigenza dei DS, con le presenze di Locchi, Bottini, Mignini e Bellini, della generazione di mezzo, con riferimento a Attilio Solinas, e di un gruppo promettente di giovani, da Andrea Mazzoni a Valerio Marinelli. Hanno organizzato una festa di partito, densa di eventi e di presenze importanti, in una frazione di Perugia, mentre il PD per la sua festa tradizionale si è ritirato in periferia, nel feudo di Castiglion del Lago.

Sembra che in questo settore il personaggio del futuro sia Valerio Marinelli, ricercatore universitario, non privo di esperienze di partito. E’ un trentacinquenne.