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Intervista a Aldo Sisillo, direttore artistico della 54ª edizione del Festival delle Nazioni

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Il Maestro Aldo Sisillo, alla guida della Fondazione Teatro di Modena e da diversi anni direttore artistico del Festival delle Nazioni di Città di Castello, traccia un bilancio dell’evento umbro appena trascorso.

Un Festival per due anni svolto in emergenza, eppure è andato…
“L’anno scorso fu fatto davvero in piena emergenza con un programma ridotto e concentrato… Quest’anno, pur in mezzo a difficoltà di vario tipo (dai numeri contingentati agli spostamenti degli artisti da tutta Europa), il cartellone ha goduto di una sua completezza, recuperando anche qualcosa in sospeso dalla passata edizione. La programmazione è stata rispettata in pieno se si eccettua l’indisponibilità all’ultimo minuto del quartetto Vertavo sostituito degnamente dal quartetto Engegard; costantemente buona la risposta del pubblico anche nei confronti di ensembles e programmi non molto conosciuti”.

Il Festival ha quindi dimostrato che la Norvegia in musica non è soltanto Grieg?
“Certo, sono infatti particolarmente soddisfatto dell’apprezzamento riservato a Karl Seglem, al suo corno di ariete e ai suoi violinisti con il loro tradizionale hardingfele, una serata ricca di atmosfere della cosmogonia nordica resa nota da noi da varie colonne sonore”-

L’apertura con Gualazzi e poi il concerto dell’Orchestra di Piazza Vittorio, segnalano che la contaminazione continua ad essere un tratto distintivo del Festival?
“Sì, ritengo fondamentale che accanto al filone portante possano essere ospitate espressioni musicali di genere diversi del Paese ospite. Quest’anno era complicato far venire gruppi folk o rock norvegesi e comunque credo siano stati significativi il concerto inaugurale con Gualazzi (ripescato dall’obbligato rinvio dell’ anno scorso) e quello dell’orchestra di Piazza Vittorio con la sua molteplicità di suoni e di provenienze essenza di autentica multiculturalità”.

La novità dell’ingresso nel CdA del Maestro Fabio Battistelli, musicista tifernate di respiro nazionale, lo considera un valore aggiunto?
“L’autonomia della Direzione artistica è stata sempre salvaguardata anche in passato pur in un contesto di strategia culturale che spetta agli amministratori: fatte salve le scelte di mia competenza l’apporto di personaggi di marcata sensibilità musicale costituisce contributo importante perchè arricchisce il tutto di visioni diverse e rappresenta un tramite importante con il territorio anche, come è stato fatto, indicando una minore concentrazione di date negli appuntamenti”.

In relazione alle location prescelte non ritiene importante da un lato riproporre il Parco Vitelli e dall’altro dare attuazione al progetto di conversione di San Domenico in auditorium?
“Parco Vitelli resta un luogo meraviglioso ma trovo bella anche l’ambientazione di Piazza delle Tabacchine… Per non fare scelte troppo dispendiose si potrebbe pensare a un’alternanza negli anni delle due sedi. Per quanto concerne San Domenico avendo diretto un paio di concerti a Foligno e trovo molte analogie con la struttura originale di quell’auditorium… San Domenico tifernate è persino più bello, data la presenza di alcuni affreschi… Semmai nell’ipotesi di riconversione ci sarebbe da affrontare il problema delle uscite si sicurezza ma certamente il recupero ‘pieno’ della chiesa e anche del chiostro annesso sarebbe davvero il top!”.

Nel percorsi di crescita del Festival considera uno step fondamentale la trasformazione dell’ente organizzatore in Fondazione in analogia a tante realtà analoghe?
“Certamente anche a Modena c’è la Fondazione e credo che la tendenza generalizzata sia ormai questa(pur se anche l’Associazione ha funzionato) ma è una scelta che non mi compete e che lascio agli organi dell’ente cui spetta”.

Programmi futuri immediati?
“Ci dobbiamo prendere alcune settimane (non di più però) di pausa per vedere anche come avverrà la ripresa del settore spettacolo così pesantemente e ingiustamente penalizzato… Una ripartenza con capienza non più contingentata è assolutamente improcrastinabile… staremo a vedere anche perchè bisogna programmare in ottica triennale”.

       Massimo Zangarelli