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In Umbria cresce il numero dei Neet, 29mila giovani non cercano il lavoro

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Nella nostra regione è cresciuta soprattutto la cosiddetta “disoccupazione scoraggiata”

Le forti restrizioni conseguenti al Covid e pandemia hanno fatto impennare in Umbria il numero dei Neet (Not in education, employment or training), acronimo inglese che quei giovani che non sono impegnati nel lavoro, né nella sua ricerca, nella formazione o nello studio. Secondo Confartigianato Imprese Terni, (i lavoratori non occupati potenzialmente impiegabili). In termini di età, la flessione ha interessato soprattutto i più giovani, con il numero di occupati under 35 sceso a quota 71.000.

Al momento il tasso di disoccupazione giovanile è pari al 27,2% per gli under 25 e al 21,5% per gli under 30. E pensare che il 2021 in generale è stato un anno di crescita per l’occupazione in Umbria: al punto da toccare quota 356.600 a fine anno. In media, si sono contate 6 mila unità in più rispetto all’anno precedente, per un tasso di crescita del 1,7%, superiore a quello nazionale (0,8%) e a quelli del Nord (0,6%) e del Centro (0,4%). In Umbria la risalita dell’occupazione nel 2021 ha coinvolto più gli uomini che le donne (+2,0% e +1,3% rispettivamente), contrariamente a quanto occorso a livello nazionale e nel centro-nord del Paese. La crisi occupazionale infatti era stata nella regione segnatamente maschile: 6 mila unità a fronte di 3.900 occupate in meno.

Nel 2020, le occupate in Umbria, pur a fronte di una perdita sul fronte del lavoro dipendente superiore a 4 mila unità, avevano beneficiato di oltre 1.700 assunzioni nel pubblico impiego, in ambito sanitario ma soprattutto nella scuola. Il lavoro, quindi,continua per il 55,2% a essere caratterizzato da uomini (57,8% in Italia, 55,9% al Centro-Nord). Questo è quanto emerge dall’ultimo rapporto di Agenzia Umbra Ricerche (Aur) su elaborazione dei dati Istat. Un periodo che ha fatto registrare in prevalenza contratti a tempo determinato, quale conseguenza della comprensibile cautela degli operatori, ora intimoriti anche dalle imprevedibili conseguenze economiche della guerra in Ucraina. Il rischio è che la prevalenza di contratti a termine possa diventare un elemento strutturale che penalizza il lavoro sotto diversi punti di vista, primo tra tutti quello economico, considerando che la retribuzione oraria dei tempi determinati è inferiore del 29,7% rispetto ai tempi indeterminati.

Altra nota dolente è il calo in Umbria delle persone in cerca di lavoro: già da ottobre 2020 i disoccupati erano 22 mila, per una media annua di 25 mila unità, in sostanza 6.400 in meno rispetto all’anno precedente. Una diminuzione di oltre un quinto, in controtendenza rispetto all’aumento del 2,9% occorso in Italia, dello 0,9% nel Nord e del 5,6% nel Centro, che ha fatto registrare in Umbria il dato inquietante di 29mila Neet. Insomma un anomalo passaggio di persone che, scoraggiate dalla situazione, hanno interrotto la ricerca attiva di un lavoro o momentaneamente sono impossibilitate a lavorare, passando dallo status di disoccupati a quello di inattivi. Tradotto in cifre significa una diminuzione del numero di forze di lavoro potenziali: -7,6% su base annua.

Un fenomeno, che non va sottovalutato, perché può nascondere una disoccupazione latente, considerando la presenza di persone che, pur disposte a lavorare, un impiego non risultano cercarlo attivamente. Non a caso il report dell’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo), rileva che maggiore è il numero di persone che incontrano problemi nella ricerca di lavoro o nell’accettare proposte di lavoro, maggiore è la debolezza del livello di vicinanza della domanda al mercato.