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Foligno, il Dante di Pamela Villoresi e Marco Scolastra

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Le sezioni recitate erano opportunamente intercalate da inserti pianistici scelti, con la cura filologica che gli è propria, da Marco Scolastra, lo storico direttore degli Amici della Musica

“Ne li occhi porta la donna mia amore”: è una tenzone poetica con cui, nella Vita Nova, Dante dialoga con il suo avatar, Guido Cavalcanti. Con questo gioiello dello Stil Novo Pamela Villoresi ha voluto concedere un fuori programma al pubblico degli Amici della Musica che la applaudiva, giovedì sera al san Domenico.
Si trattava della fase conclusiva della edizione 2023 delle Giornate Dantesche che la città della Divina Commedia in stampa, dedica al sommo poeta.
Una particolare Lectura Dantis che poteva vantare tra il pubblico il grande critico Giulio Ferroni, autore di un testo fondamentale sull’Italia come l’ha conosciuta l’Alighieri, e aveva per titolo La somma sapienza e il primo amore.

La particolare impaginazione immaginata da Pamela Villoresi, attrice, autrice e regista di grande risonanza, prevedeva un efficace trasmigrare tre la Cantiche, dall’Inferno, con estratti da cinque canti, al Purgatorio, con tre numeri, al Paradiso, concentrato nella lettura di centoquarantacinque versi del XXXIII, la Summa Teologica dantesca.
Ascoltare la Commedia recitata con accento toscano, come è pertinente in una donna nata a Prato, conferiva alla nostra recezione un particolare fascino di veridico accento. Per di più, per una donna abituata a scavare il verso e a trarne tutte le possibili risonanze, utilizzando con sapienza le risorse del microfono, è stato agevole condurci per mano, come una soave Beatrice, nei meandri della cosmogonia dantesca, anche dove, nella descrizione dell’inversione dei poli terrestri, il discorso rischia di farsi più complesso.

Eper chi ha letto il libro scritto dall’astronomo Sperello Alighieri, discendente di Dante, sa quanto sia difficile per noi moderni rifarci a un mondo tolemaico privo della luce della nostra razionalità. Adattando le sua voce alla pertinenza geografia dei personaggi descritti, Pamela è stata efficacissima nel farci ascoltare una Francesca da Polenta esprimersi con accento romagnolo, mentre il rabbioso Minosse si contorceva in grugniti e ringhi minacciosi. Virgilio interloquiva con accento curiale, pacato e “augusteo”, mentre Beatrice risultava spogliata di ogni carnalità per assurgere a emblema del Divino.
Le sezioni recitate erano opportunamente intercalate da inserti pianistici scelti, con la cura filologica che gli è propria, da Marco Scolastra, lo storico direttore degli Amici della Musica. E qui non si potevano che condividere le pagine selezionate, tutte dotate di una specifica adattabilità alla adozione di immagini atmosferiche di densa evocatività. A cominciare dal Liszt di Nuages gris e di La lugubre gondola, al drammatico incipit della Après une lecture de Dante. Per l’episodio di Paolo e Francesca Scolastra ha scelto una pagina di Salvatore Pappalardo, ma forse ci sarebbe stato di meglio.

Èapparso poi lo Chopin di un preludio e un notturno, mentre il Rossini di Memento homo si è impadronito dell’oscurità del san Domenico con tutta la pregnanza di una solitudine da padre Trappista. Conclusione, allo sgorgare della voce di Beatrice, con inserti del Magnificat con cui Liszt volle concludere la sua Dante sinfonia, a eludere la sfida con le beatitudini del Paradiso adottando l’antifona mariana, come celebrazione della somma felicità. Suono plastico e di grande profondità, come è proprio de magistero di Scolastra, pianista intelligente e sensibile. Con questa serata la Villoresi e Scolastra hanno saputo dimostrare come Dante possa essere reso attuale in modo diverso dal ruvido motteggiare di Benigni, adottando un percorso musicale congeniale a un poeta che, come ricordava Boccaccio, si considerava trovatore tra i trovatori.

Stefano Ragni