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Pil e occupazione in crescita in Umbria? Dubbi sulle affermazioni della presidente Tesei

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“Il tessuto economico dell’Umbria ha sostanzialmente retto alla crisi mondiale generata dalla pandemia”. Lo ha ribadito a chiari note la presidente Donatella Tesei in consiglio regionale, citando l’ultimo rapporto Svimez, l’associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno, che ha rilevato come il Pil 2020 dell’Umbria si attesti a -8,5% contro il -9,2% della media del Paese.
Un dato che, insieme a quello del Lazio, risulterebbe essere il migliore delle cinque regioni del centro Italia, rivelando inoltre come l’Umbria si collochi al primo posto per quanto riguarda l’occupazione contratta di solo l’1,4% .

Dati che peraltro contrastano con il rapporto Ifel (la Fondazione dell’Anci), che con i suoi rilevamenti ha documentato invece come proprio l’Umbria sia passata nello stesso anno da regione avanzata a regione “in transizione”. Retrocessa, al pari della Sardegna, dell’Abruzzo e del Molise fra i territori “meno sviluppati”, mentre tutto il Centro-Nord è stato confermato area fra le “più sviluppate”.

La classificazione è stata stilata in base al criterio del pil pro capite: quando è inferiore al 75% della media europea le regioni sono considerate “meno sviluppate”, quando si colloca tra il 75% e il 100% della media Ue sono considerate “in transizione”, quando il pil pro capite supera il 100% della media Ue si tratta di regioni “più sviluppate”.

“Ora la nostra regione affronta la sfida del 2021 – ha evidenziato la governatrice – partendo da alcuni dati relativi all’anno in corso che infondono un cauto ottimismo, la natalità delle imprese a giugno tornata a livelli pre Covid, il saldo tra avviamenti e cessazioni anche questo tornato ai livelli precedenti la pandemia e ancora il turismo che sta vivendo un vero e proprio boom a livello di presenze”. Dimenticando la presidente di aggiungere che a crescere in questa stagione estiva appena passata è stato il turismo in tutta la Penisola, con tanti visitatori che dopo la pandemia si sono riversati nei luoghi di villeggiatura e nelle città d’arte più attrattive del Belpaese.
Ma a questo punto le promesse e le proclamazioni della presidente Tesei non convincono, né hanno il potere di rassicurare, quel mondo economico e imprenditoriale che da troppo tempo si aspetta un cambiamento di rotta radicale e che dalle parole si passi finalmente ai fatti.
E ragioni per temere il peggio ci sono indubbiamente.

Sì, perché al di là delle rosee prospettive e dei “miracolosi” aiuti a imprenditori e famiglie, tante volte annunciati, la sostanza è che l’Umbria finora è rimasta a pericolosamente impantanata in mezzo al guado.

Secondo l’Istat in Umbria nel 2020 la percentuale di persone che in stato di indigenza relativa è aumentata in maniera allarmante.

Lo Svimez ha messo in evidenza come da queste parti sia calato il reddito delle famiglie, e dunque di conseguenza si sono ridotti i consumi e le risorse destinate alla spesa quotidiana.

Un dato confermato anche dal e l’inclusione sociale della Caritas di Perugia-Città della Pieve, che parla di un aumento preoccupante di richieste d’aiuto.

E che dire poi del fatto che in un anno (febbraio 2021 rispetto a febbraio 2020) la diminuzione degli occupati ha riguardato uomini, donne, lavoratori dipendenti, autonomi e tutte le classi d’età. Mentre parallelamente sono cresciuti gli inattivi. Rispetto a febbraio 2020, il tasso di occupazione è più basso di 2,2 punti percentuali e quello di disoccupazione è più alto di 0,5 punti, come più volte ribadito da tutte le sigle sindacali.

E dunque rischiano di cadere nel vuoto e di rimanere del tutto “sterili” le parole rassicuranti della Tesei quando afferma: “Ancora non ci sono certezze su eventuali riparti regionali di fondi o assegnazioni dirette sulle progettualità, ma in un consuntivo momentaneo del Pnrr possiamo però dire che l’Umbria si è aggiudicata opere importanti”.
Tra le opere aggiudicate all’Umbria, e quindi con copertura economica, la presidente della Regione ha ricordato tra le altre i 70 milioni di investimenti per la cittadella giudiziaria di Perugia e di Palazzo del capitano del popolo; il rifacimento della Fcu San Sepolcro-Terni; il completamento della Quadrilatero e Due mari Fano-Grosseto;

circa 80 milioni per le periferie delle città maggiori della regione; una “notevole” massa di interventi per l’edilizia scolastica; 22,5 milioni per progetti territoriali;

1,78 miliardi per lo sviluppo delle infrastrutture nel cratere del sisma”.

Ma se è vero che da una parte lo Stato mette a disposizione della Regione capitali così ingenti, dall’altro quello che non convince i tanti elettori e gli osservatori più attenti, è proprio il fatto che fin qui, da quando la giunta Tesei si è insediata dall’ottobre 2019, ai tanti proclami non sono mai seguiti i fatti.

Gli imprenditori si sono dovuti arrangiare da soli, così come le tante famiglie che si sono ritrovate a fare i conti con la povertà più nera e con la mancanza di prospettive concrete.
Tutti ricordano lo slogan che ha portato il centrodestra a conquistare la Regione dell’Umbria: “Meritocrazia”. Tutto doveva far leva sul cambiamento radicale, su quel “daremo spazio a chi è competente, a chi merita”, per poi assistere ad una “passività” e inconcludenza colpevole di ignavia. Basti ricordare che ancora oggi noi stessi non siamo riusciti a colloquiare con la presidente a distanza di mesi, e crediamo di affrontare argomenti seri.
Il tempo passa, e la realtà è che c’è un’Umbria sempre più a disagio e più povera, stanca di chiacchiere vuote e di promesse tradite.
E a proposito, di certo le prossime Amministrative del 3 e 4 ottobre, rappresentano a tutti gli effetti un test importante e formidabile per dare un “voto” a questo “governo”.
Un severo test d’esame a cui sarà difficile reagire con l’apatia, facendo finta che non sia successo niente.
L’Umbria ha bisogno di fatti e non di promesse.

      Francesco Castellini