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Femminicidio, “punta dell’Iceberg” della violenza di genere

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Se è vero che gli episodi di violenza contro le donne sono in continua emersione, solo in parte la loro visibilità descrive il fenomeno nella sua entità, diffusione e gravità

di Caterina Grechi (*) – Anche grazie alla lunga esperienza dei centri antiviolenza sappiamo bene che i casi di femminicidio sono solo la punta dell’iceberg, la manifestazione più estrema della violenza contro le donne. L’uomo che commette questi crimini non ha avuto un raptus, lo sterminio non è nato dal nulla. I dati ci raccontano che il gesto finale di eliminazione della propria compagna, moglie, ex, arriva dopo un lungo periodo di violenze e soprusi. (Ribadire questa realtà è molto importante anche per chi deve raccontare questi fatti -giornalisti, mass media- nella consapevolezza della grande responsabilità che ha nei confronti di chi legge e ascolta.)

Caterina Grechi

La violenza contro le donne è oggi un fenomeno che esce dall’oscurità e dal sommerso, grazie al lavoro di informazione, formazione e sensibilizzazione che i centri antiviolenza, le associazioni di donne e molte istituzioni hanno svolto negli anni, spesso in maniera sinergica: ciò che oramai emerge con chiarezza è che la violenza di genere è ancora oggi un fenomeno purtroppo così diffuso e trasversale perché si radica sul piano culturale, ovvero perché persistono nella società situazioni di disuguaglianza, subordinazione o inesistenza simbolica delle donne. Non tralasciando il fatto che spesso noi donne ci troviamo a dover convivere con modelli stereotipati e umilianti sempre più diffusi, imposti e pericolosamente radicati, complice una certa sottocultura mediatica che declina la differenza in un modo degradante per le donne.

Se è vero che gli episodi di violenza contro le donne sono in continua emersione, solo in parte la loro visibilità descrive il fenomeno nella sua entità, diffusione e gravità. E purtroppo il male, più che un nemico oscuro nascosto nelle strade, è troppo spesso nelle nostre case, nelle nostre famiglie, nelle relazioni con le persone a noi più care e vicine. Si annida nella “normalità” di tante relazioni, più che nella devianza o nella psicopatologia.

“Fare rete”: una condizione imprescindibile nella prevenzione e nel contrasto della violenza sulle donne.

Il fenomeno della violenza contro le donne, per la sua complessità e per il fatto che si radica su un piano culturale, si può contrastare e prevenire solamente mettendo in rete competenze, servizi, risorse personali e pubbliche. Spesso le situazioni di violenza emergono solo quando è troppo tardi (come nel caso dei femminicidi) o quando le donne decidono di chiedere aiuto e di denunciare gli aggressori – solo allora vengono all’attenzione delle istituzioni ed entrano nelle statistiche. La conoscenza reale del fenomeno resta purtroppo spesso scarsa e frammentata, rendendo difficile progettare e mettere in campo una progettualità adeguata per contrastarla. Il primo obiettivo di una politica contro la violenza, dunque, è conoscere il fenomeno per farlo emergere nella sua reale entità. Solo così lo si può contrastare con interventi efficaci. L’esperienza insegna che sono due le condizioni indispensabili per questa conoscenza: la presenza sul territorio di servizi specifici e la maturazione culturale dei cittadini e delle istituzioni.

Ed è proprio in questa direzione che si è mossa l’Umbria nel tempo grazie all’impegno di tanti soggetti, dalle Istituzioni all’attivismo dell’associazionismo femminile. Già alla fine degli ’80 il Centro pari opportunità della regione Umbria aveva attivato il servizio “Telefono Donna” e ha continuato a lavorare negli anni per costruire presidi e servizi di tutela e protezione nei confronti delle donne vittime di violenza e maltrattamenti e per ampliare la rete delle collaborazioni e delle interazioni operative tra servizi e Istituzioni, per affermare l’esigenza anche tra l’opinione pubblica che la battaglia contro la violenza sulle donne è una scelta di civiltà a cui nessuno e nessuna può sottrarsi e una sfida da vincere insieme.

Ad oggi l’Umbria si è dotata di una Legge regionale ( L.R. 25 novembre 2016, n. 14 “Norme per le politiche di genere e per una nuova civiltà delle relazioni tra donne e uomini”) nella quale uno specifico capo è dedicato a definire il “Sistema regionale di prevenzione e contrasto della violenza degli uomini contro le donne basata sul genere”. Il suddetto Sistema regionale è stato costituito formalmente con la sottoscrizione di un apposito Protocollo d’Intesa, avvenuta nel mese di gennaio 2018, tra tutti i soggetti, principalmente pubblici, che hanno aderito convintamente e che a vario titolo hanno la responsabilità di perseguire il rispetto dei diritti delle persone, della sicurezza, del sostegno e supporto delle vittime di violenza diretta o assistita.

L’elemento fondante del Protocollo è che le attività di contrasto possono produrre effetti positivi complessivi attraverso l’azione congiunta, coordinata ed integrata di tutti coloro che sono chiamati a svolgere, per la propria parte, il miglior intervento possibile, mettendo la vittima e i suoi bisogni al centro dell’attenzione. Si è investito e si continua a investire moltissimo sulla formazione attivando, anche con modalità innovative, corsi multidisciplinari di elevato livello rivolti alle operatrici di accoglienza dei Centri Antiviolenza, operatori sociali, sanitari e del diritto (Forze dell’Ordine, Avvocati) per creare una cultura diffusa atta a riconoscere la violenza e ad utilizzare gli strumenti a disposizione per contrastarla supportando, al contempo, le vittime della stessa. Il CPO continuerà a garantire l’impegno importante che la Legge regionale 14/2016 gli assegna all’interno della Rete Antiviolenza Regionale (mettere a disposizione il patrimonio e i servizi della Biblioteca delle Donne “Laura Cipollone”, specializzata nella diffusione della cultura della differenza di genere; gestire il Numero verde di accesso a tutti i servizi territoriali, operativo h24; garantire il funzionamento del Centro Antiviolenza “Servizio Telefono Donna” -che ha sede strategica nel cuore della città; la formazione e l’aggiornamento continuo delle operatrici dei servizi). Proprio in questi giorni sta partendo la seconda edizione del “Corso di formazione per operatrici/volontarie che svolgono -o intendono svolgere- attività nei Servizi delle reti territoriali interistituzionali regionali, preposti alla prevenzione e al contrasto della violenza di genere” per 50 nuove operatrici, organizzato dal Centro Pari Opportunità in collaborazione con il Consorzio Scuola Umbra di Amministrazione Pubblica.

Sono operativi attualmente nella nostra Regione 8 Centri Antiviolenza nelle principali città umbre (Perugia, Terni, Città di Castello, Foligno, Città della Pieve, Narni, Orvieto, Spoleto) di cui il ‘Catia D. Bellini’ di Perugia e il ‘Liberetutte’ di Terni sono residenziali, ovvero possono ospitare le donne e i loro figli minori. Ci sono inoltre case rifugio a indirizzo segreto e diversi Punti di Ascolto (ovvero presidi di prossimità che offrono prima accoglienza e orientamento). Soprattutto c’è il Numero Verde 800861126 che raccorda tutti i servizi della Rete antiviolenza regionale, operativo H24, 7 giorni su 7, al quale si possono rivolgere le donne che vivono situazioni di maltrattamento e violenza e al quale rispondono sempre operatrici formate dei Centri Antiviolenza.

(*) Presidente del Centro Pari Opportunità della Regione Umbria