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Coronavirus in Umbria, bar e ristoranti a rischio collasso

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A lanciare il grido d’allarme è Gianni Segoloni, titolare del Bistrot di Perugia, che parla anche a nome dei 384 associati alla Horeca Umbria

Il comparto bar e ristoranti rischia di andare a fondo e tantissimi addetti, soprattutto chi ha un contratto a chiamate ha la quasi certezza di uscire dal mercato del lavoro.
A denunciare la difficile situazione è Gianni Segoloni, titolare del Bistrot di Perugia, che dalle colonne del  parla anche a nome dei 384 associati alla Horeca Umbria, esercenti della ristorazione uniti.
“Siamo profondamente preoccupati. E non è vero che siamo tutti sulla stessa barca: siamo certamente tutti nella stessa tempesta ma non abbiamo barche uguali. Noi della ristorazione non mettiamo un centesimo in cassa dal 29 febbraio, da 50 giorni. Eppure continuano ad arrivare bollette, tasse, imposte, ci sono gli affitti da pagare. Senza contare che adesso abbiamo molti dipendenti in cassa integrazione, ma il 15 maggio finisce, poi come faremo? E poi non sappiamo ancora nulla di come e quando potremo riaprire, ma certamente, stando alle poche informazioni di base che abbiamo, non potremo riprendere come prima. Molti di noi, chi ha più assunti, sarà costretto, per forza di cose a licenziare – seppure a malincuore – qualcuno”.
Gianni Segoloni, sempre sorridente nel suo Bistrot di piazza Matteotti, ha continuato a garantire un minimo di servizio per la tabaccheria nel periodo di lockdown. “Più un servizio per la città che altro, e un modo per rimanere un po’ in contatto. Ci aspettavamo tanto e non c’è stato nulla. Nei decreti non c’è chiarezza e non c’è liquidità. Le banche ancora non sanno nulla, per chiedere i 25mila euro si deve essere in regola perfettamente, neanche una rata sballata. La maggior parte di noi non potrà averne”.