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Coronavirus: i soldi ai Comuni, ecco come funzionerà

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Giuseppe Conte e Angelo Borrelli

Per l’Umbria previsti bonus spesa da 5,5 milioni. Critici i sindaci di Perugia e Terni

Giuseppe Conte e Angelo Borrelli

Nella serata di domenica 29 marzo il capo del Dipartimento della Protezione Civile, Angelo Borrelli, ha firmato . I soldi sono destinati ad aiutare le famiglie che non riescono a far fronte all’acquisto di generi alimentari.
Le risorse sono state ripartite seguendo due criteri. L’80% (320 milioni) è stato diviso tra le varie amministrazioni in base alla popolazione residente. Il restante 20% (80 milioni) è stato assegnato “in base alla distanza tra il valore del reddito pro capite di ciascun comune e il valore medio nazionale, ponderata per la rispettiva popolazione. I valori reddituali comunali sono quelli relativi all’anno d’imposta 2017”.

Nell’ordinanza si spiega che i Comuni possono destinare alle misure urgenti di solidarietà alimentare anche eventuali donazioni ed è quindi autorizzata l’apertura di appositi conti correnti bancari per fare confluire il denaro.
Ciascun Comune è autorizzato all’acquisto:

  • a) di buoni spesa utilizzabili per l’acquisto di generi alimentari presso gli esercizi commerciali contenuti nell’elenco pubblicato da ciascun comune nel proprio sito istituzionale;
  • b) di generi alimentari o prodotti di prima necessità.

I Comuni possono avvalersi degli enti del Terzo Settore.
“Nell’individuazione dei fabbisogni alimentari e nella distribuzione dei beni – si legge ancora nell’ordinanza – i Comuni in particolare possono coordinarsi con gli enti attivi nella distribuzione alimentare a valere sulle risorse del Programma operativo del Fondo di aiuti europei agli indigenti (Fead). Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali rende disponibile l’elenco delle organizzazioni partner del citato Programma operativo. Per le attività connesse alla distribuzione alimentare non sono disposte restrizioni agli spostamenti del personale degli enti del Terzo settore e dei volontari coinvolti”.
L’Ufficio dei servizi sociali di ciascun Comune “individua la platea dei beneficiari ed il relativo contributo tra i nuclei familiari più esposti agli effetti economici derivanti dall’emergenza epidemiologica da virus Covid-19 e tra quelli in stato di bisogno, per soddisfare le necessità più urgenti ed essenziali con priorità per quelli non già assegnatari di sostegno pubblico”.
L’ordinanza annuncia sin da ora che “con successivi provvedimenti si potrà provvedere ad ulteriori assegnazioni da ripartire sulla base dei criteri di cui alla presente ordinanza”.


I fondi avrebbero dovuto essere erogati ai Comuni nel mese di maggio. Ma, visto il crescere del malessere sociale in diverse aree del Paese e il rischio di proteste violente dopo il prolungato fermo di gran parte delle attività lavorative, il governo ha anticipato la consegna dei 4 miliardi e 300 milioni di euro già dovuti, aggiungendo un ulteriore stanziamento di 400 milioni per finanziare «buoni spesa» da 50 e 25 euro, da distribuire alle famiglie in difficoltà che ne faranno richiesta.

L’intesa fra governo e Anci
L’accordo sugli stanziamenti è stato trovato grazie a un’intesa tra l’esecutivo guidato dal premier Giuseppe Conte e l’Anci, l’associazione che rappresenta gli oltre 8mila comuni italiani, presieduta dal sindaco dem di Bari Antonio Decaro. Come verranno ripartiti gli stanziamenti? L’ipotesi è quella di tener conto di parametri come la popolazione di ciascun centro abitato, ma anche del numero di persone in stato di bisogno (famiglie, singoli, anziani assistiti) residenti in quel territorio. Decaro ha spiegato che si utilizzeranno degli algoritmi per destinare i «400 milioni aggiuntivi dove c’è più bisogno», con l’obiettivo di assegnare importi più cospicui «a quelle amministrazioni dove c‘è un numero più alto di cittadini in difficoltà».

I buoni spesa
Com’è evidente, i 400 milioni stanziati non sono un importo “pesante” e non potrebbero supplire a lungo alle necessità di chi ha bisogno. Nelle intenzioni del governo, si tratta di una misura tampone, che possa servire fino a metà aprile, quando dovrebbero essere erogati i 600 euro previsti dal decreto Cura Italia per i lavoratori a basso reddito. Il criterio generale ipotizzato da Anci e governo è che i buoni spesa oscillino da un minimo di 25 euro a un massimo di 50 per famiglia. Ogni sindaco avrà comunque modo di tarare gli importi in base alle esigenze locali.

Come funzionerà l’acquisto del cibo?
In alcuni Comuni, i banchi alimentari (se sono ancora aperti) potranno essere utilizzati per la distribuzione del cibo. In altri invece la distribuzione dei buoni spesa verrà affidata ai servizi sociali. E gruppi di volontariato daranno aiuto agli anziani che non possono uscire. Come si potrà fare richiesta dei buoni? Bisognerà fare riferimento alle strutture del proprio comune: sul sito internet di ogni amministrazione dovrebbe presto comparire un numero da chiamare per avere indicazioni. In assenza di un servizio dedicato, si potrà chiamare al centralino del Comune e chiedere assistenza e informazioni. Una volta entrati in possesso dei buoni, i cittadini potranno utilizzarli dovunque? Non è ancora chiaro. L’ipotesi, al momento, è che ogni Comune elabori e diffonda, una volta sentiti gli esercenti, un elenco di supermercati e negozi di generi alimentari in cui i buoni potranno essere utilizzati.

Anche farmaci?
In base a una nota del ministero dell’Economia, i 400 milioni verranno impiegati dai Comuni per assicurare «tempestivamente ai cittadini più bisognosi e più colpiti dall’emergenza l’accesso ai beni di prima necessità» indicati come «cibo», ma anche «prodotti sanitari, etc.». Se ne deduce che, in casi particolari valutati dal singolo comune, gli importi possano anche essere impiegati per l’acquisto di medicinali o altri beni necessari che tuttavia i destinatari non possono in questo momento permettersi.

I sindaci: la gente è disperata, servono più risorse
Ma il plafond stanziato dal governo non viene ritenuto sufficiente da molti primi cittadini. E, da Nord a Sud, piovono su Palazzo Chigi lamentele e richieste degli amministratori locali. Anche in Umbria i sindaci di Perugia e Terni sono i più critici. Per l’Umbria ci sono 5,5 milioni dei 400 stanziati a livello nazionale. La platea da coprire è ampia. Per l’Istat gli indigenti in Umbria sono stimati a 21mila nel 2018, ad oggi le persone considerate a rischio povertà ed esclusione sociale sono oltre 110mila.
Il coro è unanime: «Le risorse devono essere ben altre, c’è un’emergenza nazionale, territori in grave difficoltà, tante persone verranno a chiederci aiuto. Le cifre annunciate sono assolutamente insufficienti, qui ci vuole uno sforzo ulteriore».
“Non esistono sindaci del Pd, della Lega o del M5s. Esistono ‘i sindaci’ che sono stati chiamati a caricarsi sulle spalle un pezzo in più di responsabilità. Lo faremo al meglio con le risorse che ci sono state messe a diposizione”: lo ha sottolineato Francesco De Rebotti, presidente di Anci Umbria e sindaco di Narni (Pd). Il quale in un’intervista alla TgR regionale ha ricordato il richiamo allo spirito dell’unità nazionale da parte del presidente della Repubblica.
“Noi – ha detto De Rebotti – intendiamo operare come indicato dal Capo dello Stato. Opereremo per soddisfare le domande soprattutto dei soggetti più in difficoltà. Con un unico obiettivo, permettere loro di fare la spesa in attesa che gli altri strumenti abbiano il tempo di diventare operativi”.