Home Musica Al Morlacchi trionfa “Vienna, Vienna”, il tradizionale concerto di Capodanno

Al Morlacchi trionfa “Vienna, Vienna”, il tradizionale concerto di Capodanno

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Ovazioni per Salvatore Silivestro

di Stefano Ragni – “Vienna, Vienna…”. Ma ormai il valzer con cui il mondo entra nel nuovo anno è un fantasma, un simulacro di una Europa che neanche si vergogna di essere governata da un classe politica che sa esprimere il peggio di sé. E quella danza vaporosa, sofisticata che ha fatto sognare generazioni cresciute nel mito della Mitteleuropa, della concordia, della tolleranza, entra nell’armadio dei ricordi insieme a tanti buoni propositi espressi nei romanzi di Roth, di Werfel, di Schnitzler. Non è più tempo di danza, ma di calci al pallone e di un mondo impazzito che celebra giocatori come fossero premi Nobel dell’intelligenza e del progresso. Pure, ancora con le orecchie assordate da quanto i perugini hanno voluto applaudire in piazza Grande nel concertone di Capodanno, una bella fetta di pubblico si è ritrovata al Morlacchi per il tradizionale concerto con cui l’Amministrazione cittadina e la sezione AGiMus intitolata a Valentino Bucchi salutano il rinnovo del calendario. Pur con le difficoltà causate dall’ingente costo di Amadeus e compagni, qualche soldo è avanzato e sul palco del Civico del Varzaro l’assessore Leonardo Varasano ha potuto rinnovare il suo appuntamento col pubblico, applaudito da un palco di prim’ordine dal rettore della Stranieri, Valerio de Cesaris, presente con moglie e figlia a ribadire l’impegno che lega Amministrazione e AGiMus all’ateneo internazionale che si sta rimpolpando di studenti, in controtendenza con la stagione.

Quando l’altro ieri è salito in pedana Salvatore Silivestro, l’ideatore e realizzatore del concerto di Capodanno l’applauso festoso dei presenti ha voluto ribadire, “a priori” una stima per un musicista che tanto ha fatto, in decenni, generosamente, per la città, ricordando che, nella primavera scorsa, in questo luogo Varasano ha conferito al maestro il Baiocco d’oro, l’attestato di massima stima con cui la città del Grifo onora i suoi figli migliori. Indi la bacchetta si è alzata davanti all’Orchestra Internazionale della Campania, una formazione molto giovanile che si avvale, nella compagine degli archi, di una forte componente di musicisti albanesi che, con le quattro corde ci hanno sempre saputo fare anche negli anni della dittatura comunista. È sprigionato dal palco un suono luminoso, corposo e incisivo, anche se da parte dei fiati non c’è stata analogo risposta. Dietro l’orchestra il Coro Lirico dell’Umbria preparato da Carlo Segoloni ha intonato la grande scena della Consacrazione e La Vergine degli Angeli, momenti culminanti di quella narrazione manzoniana di colpa e redenzione che è la Forza del destino di Verdi. Poi, a seguire il Preludio della Traviata e l’intermezzo di Cavalleria rusticana, a incrementare l’impianto viennese della serata. Il valer è rientrato dalla finestra con lo Schiaccianoci di Caikovskij, prima di chiudere la prima sezione della serata con Pomp and Circumstrance, la marcia di Elgar che dal 1901, afferma la regalità della corona di Inghilterra. I cattolici ci hanno appioppato parole devozionali e ne hanno fatto, anche da noi, un canto di chiesa, ed è così che i cantori, sparsi tra platea e palchi, hanno potuto intonare la parte centrale del pezzo, producendo innegabilmente un effetto di commozione. Anche perché Silivestro aveva ricordato al pubblico la grande figura della Queen Elisabeth, ultima “grande” della generazione di statisti che aveva auspicato un’Europa migliore. Apertura della seconda parte, con un clima che si stava sempre più infervorando.

Ora la sezione propriamente viennese evocava il fantasma di un altro grande della storia che ha rappresentato, nel bene e nel male, l’Europa della coesistenza e della multietnicità, il Francesco Giuseppe degli Asburgo, per noi l’infausto “Cecco Beppe” della Grande Guerra. Strauss gli ha cucito intorno un valzer che esprime la solitudine di un Imperatore che si avviò alla condanna della storia nel nome di un senso del potere ormai travolto dalla modernità. Ma per i Viennesi questa tragica figura era rimasto l’emblema di un potere che rievocava le ombre della Felix Austria e di una potenza continentale in dissoluzione. E niente, come la solitudine, provoca affetto e simpatia. Con una manciata di polke tra cui , immancabile, quella dell’incudine, mimata da un simpaticissimo percussionista, il concerto vigeva al termine col brivido del Danubio blu, prima della prevedibile Radetzki March, contrappuntata, per pari condicio, dal coro verdiano de I Lombardi alla prima crociata. Inaspettatamente e del tutto fuori luogo ci è scappato anche l’Inno di Mameli-Novaro ma il pubblico era ormai incandescente e si sarebbe goduto anche una canzone di Renato Zero. La serata si è conclusa con grida di “Viva Silivestro”, un mare di voci che, da platea e palchi celebravano la simpatia che circonda il nostro musicista.