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Ruolo delle donne centrale nei servizi sociali: se n’è parlato grazie all’associazione Elisa83

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Molti e importanti i relatori che hanno partecipato all’evento. La discussione ha permesso di sottolineare l’importanza delle politiche sociali e del welfare

Una discussione sul ruolo delle donne nei servizi sociali con importanti contributi che hanno permesso di sottolineare la centralità che devono ricoprire le politiche sociali e il welfare nella società. È stata quella che ha consentito il convegno organizzato venerdì 2 dicembre nella sala del Consiglio della Provincia, a Perugia, dall’Associazione Elisa83 Odv, in collaborazione con Fondazione Nilde Iotti, Ordine degli assistenti sociali dell’Umbria e Provincia di Perugia. A coordinare l’incontro è stato Adolfo Orsini, fondatore dell’associazione insieme alla moglie Piera e padre di Elisa a cui è dedicata, giovane professionista scomparsa che svolgeva la propria attività di assistente sociale alla Usl1 dell’Umbria. Livia Turco, presidente della Fondazione Nilde Iotti, ha aperto i lavori, in collegamento streaming, e ha ricordato come le donne siano state in Italia costruttrici delle politiche sociali e del welfare.
“Permane uno stigma – ha spiegato la Turco – nei confronti delle politiche sociali considerate di serie B, nonostante i passi in avanti fatti non sono valorizzate nella loro forza e pienezza”. La Turco ha ricordato come le donne si siano battute perché si passasse dall’assistenza ai diritti sociali, con l’intento e la consapevolezza di veder costruire un sistema di merito e che si realizzasse il terzo pilastro del welfare, quello delle politiche sociali. Ha sottolineato inoltre come la cura delle persone dovrebbe essere il paradigma per costruire politiche di sviluppo e ha fatto un excursus storico rispetto al ruolo che hanno avuto le donne nella costruzione delle politiche sociali dal secondo dopoguerra, ricordando varie figure, tra cui la prima assistente sociale italiana Paolina Tarugi. “È stato molto bello – ha commentato nel suo intervento la presidente della Provincia di Perugia Stefania Proietti – ospitare questo convegno, organizzato da un’associazione molto attiva e di stimolo a un settore sempre più indispensabile e lo dico da sindaco e da presidente di Provincia, quindi di ente di area vasta. I servizi sociali devono innervare sempre più le politiche di un ente, dobbiamo dare loro forza per essere protagonisti”. Al convegno erano presenti anche  Roberto Segatori, sociologo dell’Università degli Studi di Perugia, Patrizia Cecchetti, responsabile dei servizi sociali dell’Usl Umbria1, Marta Dolci, rappresentante dell’Ordine assistenti sociali dell’Umbria, Sandra Sarti, prefetto della Repubblica ed esperta di immigrazione, Lorena Pesaresi per la Fondazione Nilde Iotti, Edi Cicchi, assessore alle politiche sociali del Comune di Perugia, Emma Petitti, presidente dell’Assemblea legislativa della Regione Emilia Romagna, e Marina Sereni. Grande la partecipazione da parte degli assistenti sociali umbri, in gran parte donne, per i quali il convegno è valso come attività formativa. “Sono stata collega di Elisa, una professionista molto preziosa – ha ricordato Cecchetti –, e sono membro dell’Associazione Elisa83 che ci sta accompagnando nella formazione degli assistenti sociali e ha siglato un’importante convenzione con l’Usl Umbria1 per finanziare in un triennio con 15mila euro un progetto di ricerca-azione”. Del ruolo degli assistenti sociali nel percorso di accoglienza dei migranti ha parlato il prefetto Sarti che ha potuto “constatare la grande valenza dell’azione degli assistenti sociali soprattutto nei percorsi di accoglienza”. Sarti ha sottolineato come nell’ambito del servizio sociale quella della donna “è una figura prevalente che radica la sua essenza a quel concetto di maternità sociale, confermata da caratteristiche che le sono state riconosciute, quella della capacità comunicativa e di ascolto, del rispetto dell’altro e della capacità di comprendere il disagio”.  Il professor Segatori ha ricordato le due legislature che hanno dedicato massima attenzione al sociale, quella del 1975-1980 e quella del 1996-2000. “Mentre la riforma sanitaria è nata nel 1978 – ha spiegato Segatori – la riforma del sociale è arrivata 22 anni dopo, nel 2000. Il modello professionale che si è affermato negli ultimi due secoli si basa sul sapere tecnico specializzato e sulla neutralità affettiva. Un modello apparentemente asessuato, in realtà sessuato sul profilo maschile. Nei lavori di cura sono importanti altre due qualità, empatia e un approccio relazionale e olistico che le donne dimostrano di avere. Le assistenti sociali meritano di essere considerate per tutto il sostegno che danno al disagio sociale”.