Diciassette anni dopo, nuove dichiarazioni riaccendono i riflettori sul delitto di Perugia
Sono trascorsi diciassette anni dall’omicidio di Meredith Kercher, la studentessa inglese trovata morta a Perugia il 1° novembre 2007. Eppure, il caso continua a far parlare di sé. A riaccendere l’attenzione è stato l’ex pubblico ministero Giuliano Mignini, che in una recente intervista, ripresa da tutti i media nazionali, ha ipotizzato la possibile presenza di un “quarto uomo” sulla scena del delitto: una figura mai identificata né formalmente indagata. L’affermazione ha colto di sorpresa molti, tra cui l’avvocato Francesco Maresca, storico legale della famiglia Kercher, che ha seguito la vicenda giudiziaria in tutti e cinque i suoi gradi di giudizio.
Caso chiuso, ma restano i dubbi
In un’intervista rilasciata al quotidiano La Nazione,a firma della giornalista Erika Pontini, Maresca ha commentato le dichiarazioni di Mignini, sottolineando che la vicenda processuale è ormai definitivamente conclusa. «Sono rimasto sorpreso – ha dichiarato – ma la sentenza della Cassazione del 2015 rappresenta la parola finale, anche se lascia aperti molti interrogativi sull’interpretazione dei fatti». La Suprema Corte, infatti, assolse Amanda Knox e Raffaele Sollecito, confermando però la condanna a 16 anni per Rudy Guede, unico riconosciuto colpevole di concorso nell’omicidio.

Secondo l’avvocato Maresca resta tuttavia irrisolto il mistero della calunnia commessa da Knox ai danni di Patrick Lumumba, reato per il quale la giovane americana è stata condannata in via definitiva: «Resta da capire per chi e per cosa Amanda abbia mentito – afferma il legale – così come non è mai stata chiarita la simulazione dell’effrazione nella casa di via della Pergola: Guede ne fu assolto, quindi qualcun altro deve averla inscenata».
Maresca respinge con decisione la teoria di una “quarta presenza” mai emersa nelle carte giudiziarie:«Conosco ogni pagina del processo – sottolinea – e non è mai comparsa alcuna prova, né biologica né testimoniale, che indichi la presenza di un’altra persona oltre a Guede, Knox e Sollecito». Il legale si dice inoltre ignaro della fonte citata da Mignini e ribadisce di non essere a conoscenza di alcun individuo fuggito all’estero dopo il delitto.Difende poi l’operato della polizia scientifica e dell’accusa: «Gli accertamenti furono completi: oltre 300 reperti analizzati con la presenza dei consulenti di tutte le parti». Anche la controversa prova del “gancetto del reggiseno”, poi esclusa, viene da lui ridimensionata: «Ci fu un errore di repertazione, ma il profilo genetico era chiaro».
Nessuna riapertura possibile
Alla domanda se il caso Meredith possa essere riaperto, come avvenuto per il delitto di Garlasco, Maresca è categorico: «Non ci sono i presupposti. La revisione è prevista solo per chi è stato condannato, non per chi è stato assolto». Per il legale, dunque, il caso è giudiziariamente chiuso, anche se la verità storica resta in parte incompiuta: «Alla sorella di Meredith ho detto che non ci sarà un prosieguo. Il caso è chiuso con tutti i suoi interrogativi», conclude Maresca.
Un caso chiuso, ma non nella coscienza collettiva
Le parole dell’ex pm Mignini, pur non accompagnate da elementi nuovi, riaprono una ferita mai del tutto rimarginata nella memoria della città di Perugia.L’omicidio di Meredith Kercher resta uno dei delitti più discussi della storia giudiziaria italiana, capace di dividere l’opinione pubblica e di alimentare, ancora oggi, dubbi e teorie contrastanti
Meredith Kercher, 21 anni, studentessa inglese in Erasmus a Perugia, venne trovata senza vita il 1° novembre 2007 nella casa di via della Pergola.Per l’omicidio furono indagati e processati Amanda Knox e Raffaele Sollecito, poi definitivamente assolti dalla Cassazione nel 2015. Unico condannato, con rito abbreviato, Rudy Hermann Guede, che ha scontato 13 anni di pena.
Il delitto resta tuttora un enigma giudiziario, con molte domande ancora senza risposta.












