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Massa Martana, lo Schubert dei giovani di Enrico Bronzi

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Sabato sera la Filarmonica Umbra ha realizzato qui un concerto dai contorni rilevanti non solo per la qualità dell’offerta, ma anche per il forte valore promozionale

di Stefano Ragni – Al teatro Consortium di Massa Martana, una deliziosa aula dalle poltroncine troppo strette e dalle scalette laterali pericolose per i dislivelli, l’acustica è comunque molto buona. La favorisce anche la platea che si eleva al disopra del palcoscenico, offrendo anche un piacevole colpo d’occhio. Sabato sera la Filarmonica Umbra ha realizzato qui un concerto dai contorni rilevanti non solo per la qualità dell’offerta, ma anche per il forte valore promozionale. Dopo gli sconcerti di Sanremo è confortante vedere che ci sono comunque dei giovani motivati a seguire le strade più belle e più difficili della grande musica di tradizione. Il diretto artistico degli Amici della Musica di Perugia, Enrico Bronzi ha raccolto sotto la generosa arcata del suo violoncello quattro giovani strumentisti che sono il frutto di un virtuoso contenitore, la borsa di studio “Roscini-Padalino e Fondazione Cucinelli”, il generoso consorzio creato dal contributo economico di due storici soci degli Amici della Musica e dai ben noti e apprezzati coniugi Federica e Brunello.

Quattro ragazzi selezionati nella elargizione delle borse di studio assegnate nel 2021 sono stati coinvolti da Bronzi nella realizzazione di una partitura complessa e dai valori monumentali. Nel repertorio cameristico, infatti, il Quintetto op. 163 di Schubert è da considerarsi come un Partenone sonoro, cinquanta minuti di ascolto, con proporzioni solide a sostegno di idee di profonda umanità. Forse l’autore non lo ascoltò mai, ma per noi che ne godiamo ancora la sostanza di tratta di una partitura capace di riconciliarci ancora con questo mondo che si sta rivelando sempre più crudele e brutale. Non a caso Adorno, in un suo celebre scritto, parlava di questa opera come una “cifra di riconciliazione”, affermando che quando lo ascoltiamo “piangiamo senza un perché”. La distanza tra noi e quello che promette questo capolavoro è, sempre secondo Adorno, il fatto che noi umanità “non siamo ancora come quella musica promette”.

Dal momento che la grande pagina ha una difficile recezione, Bronzi ha adottato una particolare soluzione didascalica, a cominciare dal titolo della serata” Schubert, il sonnambulo”, una definizione di Alfred Brendel, eccelso pianista schubertiano. All’interno di un serrato certame realizzato estemporaneamente coi suoi discepoli già schierati in formazione, Bronzi, microfono alla mano, ha esemplificato le fasi più indicative della complessa partitura, facendo entrare gli ascoltatori nelle maglie di situazioni timbriche e armoniche scelte tra le tante che il quintetto offre. Una decina gli esempi suonati e una esposizione molto chiara che ha consentito al relatore di collocare la musica di Schubert, in quello che il violoncellista parmense ha definito la “corrente fluviale” (stream of thought) enunciata a suo tempo dal fratello di Henry James, William, il creatore della “psicologia funzionale” Infatti, secondo Bronzi, la musica di Schubert si offre come una successione ininterrotta di piani prospettici, quelli che Adorno definiva “paesaggi”. Sono stati d’animo collegati da un pensiero lirico che ama indugiarsi su un continuo fluire di emozioni che spaziano su temi lungamente esposti e ripetuti come carezze dell’anima. Il tutto amalgamato dalla continua espansione di una forma strutturale che si dilata come un continuo incremento affettivo. Musica che fa bene all’anima e alla mente, come avvertivamo tutti.

Passando poi alla esecuzione vera e propria Bronzi, eccelso strumentista che esercita le sue peculiarità al mitico Mozarteum di Salisburgo, ha saputo adattare la sua prorompete musicalità accettando il ruolo di secondo violoncello accanto ai suoi giovani collaboratori, i violinisti Giulia Cellacchi e Tommasso Santini, la violista Eleonora de Poi, la violoncellista Lara Biancalana. Suonare con un maestro come Bronzi deve essere stata una grande lezione per questi ragazzi destinati a crescere. A dimostrazione del grado di consapevolezza raggiunto dai giovani va segnalata l’emozione scaturita dal cuore del Quintetto, il Trio dello Scherzo, un momento in cui la commozione di Schubert si fa autentica entropia, sottraendo energia sonora che si trasforma in autentico palpito. Dopo la maratona accolta da ripetuti applausi, i cinque di Bronzi hanno voluto offrire anche un delizioso fuori programma, un valzer di Schoenberg, a dimostrazione della continuità dalle tradizione musicale viennese.

Alla luce di questi concerto che siamo certi non sarà episodico, non possiamo per questo dimenticare che, appena due giorni prima, Bronzi aveva portato all’Università per Stranieri il vincitore del premio Paganini, il ventiduenne Giuseppe Gibboni. Nell’aula magna gremita di studenti del Mariotti e del Galilei che aderiscono al progetto di crescere con la musica, accompagnati dai rispettivi docenti i ragazzi hanno potuto godere di una lezione impareggiabile di un giovane che si offriva loro con la semplicità di un coetaneo impegnato in un progetto di crescita personale che lo porta ad essere ai vertici del violinismo internazionale.