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Il 42% delle donne umbre è senza lavoro

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Secondo la ricerca condotta da Aur i dati sull’occupazione femminile sono aggravati dalla pandemia

Ricerca di Elisabetta Tondini, Agenzia Umbria Ricerche
Drastica caduta del lavoro subordinato a termine. Numerose le differenze di genere

Dall’inizio pandemia l’Umbria ha perso quasi 6.500 occupati, con un tasso di caduta (-1,8%) che ha penalizzato di più la componente maschile (-1,9% contro -1,7%) ma che ha lasciato inalterato il tasso di femminilizzazione dell’occupazione (42%).
Il 42% delle donne in Umbria non lavora. Un quarto delle occupate, invece, ha un contratto part-time, spesso a tempo determinato. Soltanto l’11% riveste posizioni apicali.
Nello specifico, seguendo il trend nazionale la regione ha perso 5 mila lavoratori dipendenti, con una decurtazione più accentuata per gli uomini. Sul fronte del lavoro autonomo, diminuito anch’esso ma meno che in Italia (-1,7% contro -2,9%), la perdita è stata di oltre 1.500 occupati, praticamente tutte donne, a fronte di un ampliamento della compagine maschile.
La scure della crisi si è dunque abbattuta in maniera selettiva sul lavoro subordinato, colpendo esclusivamente i contratti a termine e in Umbria con più forza che in Italia (-17,6% e -12,8% rispettivamente): così, nel 2020, 8.800 dipendenti con contratti a termine, svincolati dal blocco dei licenziamenti e per natura suscettibili di mancati rinnovi, hanno perso lavoro.
Sul fronte del lavoro dipendente part-time le donne sono state ancora più penalizzate (-18,1% contro -17,2% maschile) ma la perdita di circa 4.200 dipendenti assunte con contratti temporanei è stata in parte bilanciata da un aumento di oltre 3 mila tempi indeterminati, riducendo a circa un migliaio la contrazione di unità femminili subordinate (-0,8%). Il tasso di caduta tra gli uomini (-2,8%) è stato invece l’esito di 4.500 contratti a termine in meno, parzialmente compensati da neanche 700 contratti a tempo indeterminato in più rispetto all’anno precedente.
Mentre per quanto riguarda il lavoro a tempo indeterminato è aumentato, in Umbria più che in Italia (+1,7 e +0,6% rispettivamente), nella regione molto più per le donne che per gli uomini (le 3 mila 800 unità in più sono quasi del tutto al femminile), con tassi di crescita femminili superiori a quelli italiani (+2,8% contro 0,3% nazionale).

Come riporta il Corriere dell’Umbria, i numeri sono stati diffusi martedì, in consiglio regionale, per illustrare la mozione presentata dai consiglieri della Lega, Daniele Carissimi e Paola Fioroni, poi passata all’unanimità, che mira a favorire la partecipazione delle donne al mondo del lavoro.
Il problema è diffuso. In Italia ad avere un’occupazione è il 53% delle donne contro il 67% della media europea.
In Umbria, il tasso di occupazione delle donne è appena più alto della media nazionale ma si attesta comunque a un livello significativamente più basso di quello degli uomini, 58% contro 71%.
Dal rapporto Aur 2021 sulle asimmetrie di genere nella società umbra, emerge che sul tasso di occupazione femminile influiscono diversi fattori, tra cui la maternità.

Le donne con figli hanno minori opportunità lavorative rispetto alle donne senza figli. In Umbria, inoltre, quasi un quarto delle donne che lavorano lo fa in condizione di part-time involontario, cioè accettato in assenza di un’alternativa a tempo pieno, e in condizione di disallineamento tra titolo di studio e occupazione. Con riferimento all’opportunità per le donne di accedere a posizioni apicali, dal Rapporto manageritalia del 2019 si evince che in Umbria, nel settore privato, le donne rappresentano l’11% dei dirigenti contro il 17% a livello medio italiano. “Sono dati allarmanti che il Covid ha inevitabilmente aggravato – evidenzia Paola Fioroni – Il nostro obiettivo è quello di rendere questa regione più attrattiva, anche per le giovani donne e mamme cui non può essere negato il diritto al lavoro. Il divario di genere deve essere cancellato una volta per tutte, con strumenti mirati ed efficaci”.