Dirigente sportivo sospeso dopo gravi offese durante una partita Under 17 a Terni. L’AIA: “Serve una risposta forte, non è più tollerabile”
È accaduto a Terni, in un campo dove si sarebbe dovuto giocare solo calcio. Durante una partita del campionato giovanile Under 17, un dirigente dello Sporting Terni ha insultato pesantemente una giovane arbitra, arrivando a pronunciare una frase agghiacciante: “Dovresti fare la fine di Ilaria Sula” – un chiaro riferimento al recente femminicidio della giovane romana, uccisa a coltellate dal suo ex compagno.
L’episodio, che ha subito scatenato indignazione a livello locale e nazionale, è stato denunciato dalla stessa arbitra, che ha redatto un referto dettagliato sugli insulti subiti. Secondo quanto riportato da più testimoni, le offese non si sono fermate a quella frase: il dirigente avrebbe continuato a urlare frasi sessiste e minacciose anche dopo essere stato espulso, proseguendo con la propria invettiva perfino all’esterno del campo sportivo.
Reazioni immediate: sospensione e indagini
La società Sporting Terni, nel tentativo di contenere i danni, ha annunciato la sospensione cautelare del dirigente in questione e l’avvio di un’indagine interna, dichiarando di “prendere le distanze da ogni forma di violenza verbale e discriminazione”. Ma il caso ha ormai assunto una portata più ampia.
L’AIA (Associazione Italiana Arbitri) ha espresso “totale solidarietà” alla giovane direttrice di gara, parlando apertamente di un “fatto gravissimo che va oltre l’insulto: è una minaccia che richiama un episodio tragico, ed è espressione di una cultura maschilista che deve essere estirpata senza esitazioni”.
Anche la FIGC e il mondo politico hanno condannato duramente l’accaduto. L’assessore regionale allo sport dell’Umbria ha parlato di “un gesto vile e vergognoso che non ha nulla a che fare con i valori dello sport”. Si sono aggiunti messaggi di sostegno da parte di esponenti del calcio professionistico, arbitri e atleti.
Non è un caso isolato
Questo episodio, per quanto scioccante, non è purtroppo un caso isolato. Le donne arbitro continuano a essere bersaglio di sessismo, insulti e pregiudizi in tutta Italia, soprattutto nei campionati dilettantistici e giovanili, dove la cultura sportiva spesso lascia spazio a comportamenti tribali e regressivi.
La stessa arbitra, dopo la partita, ha dichiarato: “Ho continuato a dirigere, ma non è facile. Quelle parole ti segnano. Se pensano di farmi smettere, si sbagliano. Ma qualcosa deve cambiare”.
Quando il campo diventa specchio della società
Il parallelo inquietante tra sport e società è tutto qui: nel fatto che un uomo, in un contesto pubblico e davanti a dei ragazzi, si sia sentito legittimato a pronunciare una frase del genere. Una minaccia di morte mascherata da “sfogo sportivo”.
E allora la domanda non è solo cosa farà la giustizia sportiva – che è già al lavoro – ma cosa faremo tutti noi, come comunità. Perché non basta sospendere un dirigente, bisogna colpire la cultura che lo ha reso possibile.