Home Attualità Usura in Umbria: la “Fondazione” punta tutto sull’opera di prevenzione

Usura in Umbria: la “Fondazione” punta tutto sull’opera di prevenzione

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A colloquio con il presidente Fausto Cardella: “L’accordo con la Regione ci consentirà di facilitare l’erogazione del credito e di moltiplicare il numero delle operazioni a favore dei nostri assistiti”

di Francesco Castellini – Il fenomeno dell’usura in Umbria è particolarmente sentito. Le vittime di solito sono persone e aziende in difficoltà economiche, alle quali è precluso il credito bancario, in ragione della consapevolezza da parte della banca della presumibile insolvenza di chi chiede danaro.

E così tali soggetti in difficoltà finiscono per trovare “appoggio” presso canali non ufficiali.

L’usura spesso è peraltro segno della presenza della compagine mafiosa, che se ne serve per penetrare in un territorio.

Comunque sia per un imprenditore in difficoltà è complicato resistere, specialmente quando non ha alternative linee di credito o di liquidità ed è costretto a cedere quote di azienda o di proprietà.

Anche in Umbria il fenomeno è sentito.

Secondo un recente studio elaborato dalla Cgia di Mestre, sono almeno seimila le imprese umbre a rischio usura, quattromila delle quali nella provincia di Perugia.

Si tratta perlopiù di attività e partite Iva che risultano essere schedate presso la Centrale rischi della Banca d’Italia come insolventi. Su questo fronte l’Umbria si pone nella classifica nazionale al sesto posto delle regioni italiane, comprese le più colpite dal Covid.

“È fondamentale agire sulla prevenzione e dunque tendere una mano a chi ha subito gli effetti della crisi economica. Questo deve avvenire ancor prima del contrasto a un fenomeno criminale in grado di ‘strozzare’ famiglie e imprenditori”. È questa la nuova mission della “nuova” Fondazione Umbria contro l’usura che da onlus diventerà ente del Terzo settore ed oltre al cambio del nome – si chiamerà Fondazione Umbria per la prevenzione dell’usura – avrà sede a Palazzo Ajò, nei locali messi a disposizione dalla Regione dell’Umbria in corso Vannucci a Perugia.

Al presidente della Fondazione Fausto Cardella, già procuratore generale presso la Corte di appello di Perugia, abbiamo rivolto alcune domande.

Fausto Cardella

Dottor Cardella, dalla sua particolare “postazione” qual è il quadro della situazione riferita al fenomeno dell’usura presente sul territorio?

«Bisogna innanzitutto dire che se è vero che in Umbria non si riscontra un forte aumento di casi di usura, e che la regione rientra nella fascia di rischio medio come penetrabilità nel tessuto economico, è altrettanto certo che purtroppo il quadro non è facilmente definibile, in quanto mancano dati certi, soprattutto in conseguenza del fatto che tale reato viene denunciato molto raramente. E dunque sarà bene sottolineare il fatto che la Fondazione si occupa dell’assistenza di coloro che hanno denunciato questo reato».

È possibile affermare che con la pandemia questa platea di potenziali clienti o vittime degli usurai, è sicuramente aumentata?

«Sì, certamente. Spesso si tratta di persone che hanno un’attività che si è “fermata”, che pur avendo una capacità di un introito si sono ritrovate in difficoltà, e che dunque potranno ripartire appena si rimetterà in moto l’economia. La maggior parte delle volte si tratta di soggetti e aziende che non sono potuti ricorrere alle banche e che invece nella Fondazione possono sicuramente trovare sostegno concreto».

La Regione, per voce della governatrice Tesei, ha manifestato la volontà di avviare una riflessione importante su questo tema dopo la crisi. Cosa ne pensa?

«Sono d’accordo con la presidente quando afferma che tutte le realtà regionali, le sue partecipate e gli Enti, facciano squadra per mitigare gli effetti economici negativi della pandemia. E trovo assolutamente utile il fatto che la Regione abbia emesso numerosi bandi che vengono incontro alle esigenze di molte categorie di imprenditori. Inoltre con il passo compiuto con la Fondazione, con i vari accordi che si stanno portando a termine con Gepafin, Cna, Ordine degli avvocati e Ordine dei Commercialisti, mettiamo nuovi importanti tasselli nel contrastare e prevenire il preoccupante fenomeno dell’usura, facilitandoci nello stare accanto a chi ha subito gli effetti della crisi».

Qual è l’effetto più diretto di questa intesa con la massima Istituzione regionale?

«È indubbio che grazie all’eleggibilità delle nostre fidejussioni supportate da Gepafin e Cna, l’iter di erogazione diventerà più snello ed efficace e dunque in questo modo potremo ampliare la platea delle persone che potranno farvi ricorso. L’accordo con la Regione, che peraltro garantisce da 150 ai 200mila euro dei contributi ordinari all’anno, ci consentirà di facilitare l’erogazione del credito e allo stesso tempo anche di moltiplicare, entro certi limiti, il numero delle operazioni a favore dei nostri assistiti. Noi abbiamo un fondo di circa 4 milioni, che fino a qualche tempo fa era sufficiente, ma oggi le banche vogliono una garanzia al cento per cento che riduce la disponibilità e dunque più fondi ci sono a disposizione e più aiuti possiamo fornire».

Quali sono le categorie più “fragili” ed esposte allo sciacallaggio degli usurai in questa fase segnata dalla pandemia?

«Non v’è dubbio che il post Covid richiede un’attenzione particolare sulla situazione delle famiglie, dei piccoli imprenditori, ma anche dei professionisti. Sono queste certamente le categorie alle quali la nostra Fondazione può garantire più facilmente un supporto. Le associazioni criminali, ma non solo, che hanno grande disponibilità di denaro contante, in questo difficile momento che sta attraversando il Paese, possono trovare terreno fertilissimo, approfittando delle esigenze della gente. Saper resistere a queste tentazioni è di fondamentale importanza, poiché i soggetti coinvolti sono destinati a divenire schiavi e dunque rimanere intrappolati in situazioni ancora più difficili rispetto a quelle con le quali sono chiamati a confrontarsi».

Quale messaggio positivo possiamo mandare alle persone che si trovano in gravi difficoltà?

«Vorrei cogliere l’occasione per lanciare loro un appello: se non si trova il coraggio di denunciare, che si trovi almeno la forza di venirne a parlare in Fondazione senza perdere tempo inutile. Perché è ovvio che prima si interviene e meglio è. La prevenzione è fondamentale. Spesso abbiamo dovuto rinunciare a fornire un sostegno e aiuto ad alcune persone perché sono arrivate da noi quando ormai non c’era più nulla da fare. Se invece si viene da noi quando il debito è ancora “gestibile” è molto probabile che una soluzione si possa trovare. In una situazione debitoria difficile si può intervenire, in una compromessa non si può più fare niente».