Home Cultura Professor Berardi: «Lascio in eredità un’Accademia molto cresciuta»

Professor Berardi: «Lascio in eredità un’Accademia molto cresciuta»

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Dopo sei anni alla guida dell’Accademia di Belle Arti “Pietro Vannucci”, il professor Paolo Belardi lascia la direzione dell’antica istituzione per tornare a dedicarsi alla docenza universitaria.
Il Consiglio di amministrazione, preso atto della preferenza espressa dal Consiglio Accademico, composto da tutti i docenti di ruolo, ha ratificato mediante nomina, quale successore al ruolo di direttore dell’Accademia, Emidio Domenico De Albentiis, docente di Storia dell’arte presso la “Vannucci”.
Il Consiglio, con voto unanime, con tale scelta auspica la “continuità con la direzione del professor Paolo Belardi, caratterizzata da una ampia sinergia con tutte le Istituzioni locali, nazionali ed internazionali”.
A votazione avvenuta, il professore De Albentiis è stato chiamato ad entrare nel consesso. Consapevole che gli “viene consegnata un’Accademia molto sana e molto viva, si è dichiarato profondamente onorato della nomina, manifestando la volontà di impegnarsi al massimo per collaborare proficuamente con il corpo docente e con le Istituzioni”.

Con l’intervista che segue abbiamo voluto salutare il direttore Belardi, ripercorrendo con lui le tappe di questa straordinaria avventura.
Professore che cosa lascia in eredità al suo successore Emidio De Albentiis?
«Lascio in eredità un’Accademia molto cresciuta rispetto a quando, sei anni fa, ho assunto la direzione, sia dal punto di vista quantitativo sia dal punto di vista qualitativo. L’Accademia è cresciuta dal punto di vista quantitativo perché, dal 2013 a oggi, il numero degli studenti immatricolati è aumentato del 60% e il numero complessiva degli studenti iscritti è aumentato del 130% ovvero è più che raddoppiata ed è ormai stabilizzata ben oltre le 500 unità. Ma l’Accademia è cresciuta anche dal punto di vista qualitativo perché, in questi anni, è stata protagonista in manifestazioni internazionali celeberrime (da Expo Milano 2015 alla Biennale di Venezia, dal Maker Fair di Roma al Festival dei due Mondi di Spoleto) ed è stata oggetto d’interesse da parte di quotidiani nazionali prestigiosi (da Repubblica al Corriere della Sera fino al Sole 24 Ore). Soprattutto però lascio in eredità un solido legame Accademia-Città (intesa nella sua interezza, non solo il centro storico): un legame che all’inizio era un po’ allentato, ma che oggi, anche grazie alla mia idea dell’Accademia diffusa (inaugurata dall’apertura della Temporary Academy di via dei Priori, consolidata dall’Abafablab di Pian di Massiano e suggellata dall’apertura del Polo Santa Chiara di via Tornetta), è tornato a essere molto forte. Ma sono certo che il nuovo direttore, Emidio De Albentiis, saprà fare altrettanto bene».

L’inizio è stato difficile?
«Decisamente sì. Ho accettato la scommessa di dirigere l’Accademia tra lo scetticismo generale. Molti, infatti, erano perplessi per il fatto che non sono un artista (una critica che ho sempre rispedito ai mittenti mutuando un celebre aforisma di Arrigo Sacchi: ‘per essere un buon fantino non bisogna essere stati prima un cavallo’!) e ancor più pensavano che la mia fosse una battaglia persa in partenza per il fatto che il declino dell’Accademia appariva irreversibile. Ma oggi, a distanza di sei anni, i risultati positivi conseguiti, che sono sotto gli occhi di tutti, stanno a dimostrare che questa scommessa l’ho vinta. L’ennesima riprova che, con la passione e con il lavoro, si possono ottenere risultati sorprendenti».

E ora cosa farà?
«Ho svolto il ruolo di direttore con spirito di servizio, interpretandolo come missione. Avendola portata a termine con successo, ora proseguo a tempo pieno la mia vera missione, che non ho mai abbandonato e che è quella di docente dell’Università di Perugia nel campo dell’architettura e del design. Ma sempre e comunque a fianco dei giovani: l’unica vera risorsa che abbiamo per provare a migliorare il mondo».

Quali sono le prospettive di sviluppo dell’offerta formativa dell’Accademia?
«A breve l’offerta formativa dell’Accademia sarà arricchita da un’ulteriore scuola triennale (Fashion design) e da un ulteriore indirizzo del biennio specialistico (Brand design territoriale). Ma non è tutto. Perché l’offerta formativa dell’Accademia è già qualificata anche e forse soprattutto dal corso di laurea in Design recentemente attivato in sinergia con l’Università. Il che sta consentendo alla nostra città di presentarsi al mondo come un formidabile polo del Design».

Sulle ragioni delle sue dimissioni anticipate sono state sollevate molte supposizioni…
«Sono state dette e scritte molte sciocchezze, forse anche in modo pretestuoso. Provo a fare un po’ di ordine. Le mie dimissioni a decorrere dal 15 novembre ovvero subito dopo l’inaugurazione dell’anno accademico 2018/19 avvenuta il 12 novembre us sono state anticipate di pochissimo (il mio secondo mandato sarebbe scaduto il 31 dicembre pv) e non hanno rappresentato certo una novità: le avevo preannunciate pubblicamente lo scorso mese di gennaio in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico 2017/18. Ma soprattutto voglio rimarcare che le mie dimissioni non sono derivate da un’imposizione altrui, ma sono state frutto di una mia scelta personale, riferibile ai nuovi incarichi assunti in ambito universitario con la presidenza del corso di laurea in Design: un corso d’eccellenza, che vanta docenti illustri come Oliviero Toscani e la cui gestione richiede molto impegno».

Come definisce il rapporto con i colleghi e con la città?
«Non posso negare che, in quest’ultimo anno del mio secondo mandato, sono emerse criticità con alcuni tra i docenti di ruolo. Tuttavia, posto che le criticità sono inevitabili quando si prendono decisioni assumendosene la responsabilità (e io, per rilanciare l’Accademia, non ho potuto non farlo), il caloroso applauso rivoltomi nella Sala dei Notari in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico 2018/19 sta a dimostrare quanto la città, che durante la mia direzione mi ha concesso l’onore d’iscrivere il mio nome nel suo Albo d’Oro, ha apprezzato il mio lavoro».

Oltre alla città a chi vuol rivolgere un caro saluto?
«Vorrei cogliere l’occasione per ringraziare il Rettore dell’Università, Franco Moriconi, che mi ha concesso il nulla osta consentendomi di vivere questa bella avventura, e il Presidente dell’Accademia, Mario Rampini, che mi ha sempre sostenuto nei momenti di difficoltà. Ma soprattutto vorrei ringraziare gli studenti dell’Accademia, cui sono stato e sono tutt’ora molto legato. Li ringrazio anche perché mi hanno fatto capire il senso più profondo della battuta conclusiva del film “Il pranzo di Babette” di Gabriel Axel: “un artista non è mai povero”, ovvero la vera ricchezza è quella che ciascuno di noi coltiva giorno dopo giorno dentro di sé».