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Ospedale di Perugia: finanziato progetto ricerca per linfoma Hodgkin con migliori possibilità di cura

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La soddisfazione dei ricercatori del CREO

L’attività della Struttura Complessa di Ematologia con Trapianto di Midollo Osseo, nonostante la pandemia in corso, continua a mietere successi sia sul fronte scientifico che assistenziale: i Professori Brunangelo Falini ed Enrico Tiacci dell’Università degli Studi di Perugia sono risultati vincitori di un grant di Ricerca Finalizzata pari a 450.000 Euro del Ministero della Sanità che andrà a finanziare la sperimentazione clinica di una nuova terapia di precisione del linfoma di Hodgkin.

Il progetto, che verrà eseguito presso l’Azienda Ospedaliera di Perugia, ha ottenuto il quarto miglior punteggio tra più di 230 progetti finanziati dal Ministero, in seguito ad una rigorosa selezione da parte di revisori internazionali delle quasi 1400 proposte pervenute inizialmente da tutta Italia. Si tratta, tra l’altro, dell’unico progetto finanziato in Umbria..

“L’Ematologia è una struttura di eccellenza nel nostro Ospedale – ha sottolineato il Direttore Generale dell’Azienda Ospedaliera di Perugia, Marcello Giannico, – e punto di riferimento per la ricerca scientifica internazionale in campo ematoncologico come testimoniato dai numerosi risultati raggiunti. La ricerca supportata dagli investimenti trova una sintesi al letto del paziente garantendo un elevato livello di assistenza sanitaria – ha aggiunto Giannico- ed è proprio questo che viene fatto in Ematologia. I risultati conseguititi dal professor Falini e dai suoi collaboratori sono importanti ed incoraggiano nel proseguire nella direzione tracciata”.

“La ricerca medica – ha sottolineato il Magnifico Rettore dell’Università degli Studi di Perugia, professor Maurizio Oliviero – condotta all’interno delle istituzioni pubbliche è un bene prezioso che va difeso e valorizzato, in quanto rappresenta il futuro di tutti noi. Al Prof. Brunangelo Falini, un’eccellenza assoluta della ricerca ematologica e oncoematologica internazionale, così come al Prof. Enrico Tiacci, vanno la riconoscenza della comunità accademica per il prezioso lavoro svolto. L’Ateneo è pronto a sostenere e valorizzare sempre più le sue eccellenze.”

“Il linfoma di Hodgkin – ha spiegato il professor Falini – è un tumore che nasce dal sistema linfatico e colpisce prevalentemente gli adolescenti e giovani adulti. In Italia, si registrano più di 2000 nuovi casi ogni anno che sono curabili in elevata percentuale, utilizzando la chemioterapia e radioterapia (da sole o in combinazione) e, nelle situazioni più problematiche, l’immunoterapia e/o il trapianto di midollo osseo. Nonostante, il linfoma di Hodgkin risulti tra i tumori in cui sono stati fatti i maggiori progressi, circa il 15%-20% dei pazienti ancora soccombe di questa malattia”.

Già due anni fa, i gruppi di ricerca diretti dal Professor Falini e dal Professor Tiacci, entrambi operanti nel Centro di Ricerche Onco-Ematologiche (CREO), avevano condotto uno studio di sequenziamento del DNA volto a svelare il mistero delle alterazioni genetiche che causano il linfoma di Hodgkin, nella speranza che questa conoscenza potesse contribuire a mettere a punto nuove terapie mirate contro questo tipo di tumore, nelle situazioni in cui esso è resistente ai trattamenti convenzionali.

“L’impresa si è rivelata piuttosto ardua – ha evidenziato il professor Tiacci – perché il DNA delle cellule tumorali di Hodgkin è difficile da sequenziare in quanto esse sono presenti solo in minima percentuale (meno del 5%) nel tessuto patologico. Per superare questo ostacolo, è stato necessario purificare le cellule tumorali, separandole da quelle normali, utilizzando un microscopio a raggi laser di diversa intensità che permettono prima di “ritagliare” una ad una le cellule tumorali dal tessuto e poi di catapultarle in una provetta. Una volta raccolte 1000-2000 cellule tumorali per paziente, – ha aggiunto Tiacci – si è proceduto all’ estrazione, amplificazione e sequenziamento degli oltre 25.000 geni del DNA tumorale mettendoli a confronto con quelli del DNA normale del medesimo paziente”.

Il lavoro, portato avanti dal dottor Gianluca Schiavoni, ha permesso di sequenziare circa 50mila cellule tumorali da 34 pazienti e di identificare mutazioni della via del segnale JAK-STAT, presenti nel 90% dei casi. I risultati di questo lavoro sono stati pubblicati sulla rivista Blood che li ha considerati tra i migliori del 2018.

Nel progetto finanziato dal Ministero della Salute, Falini e Tiacci cercheranno di trasferire questo bagaglio di conoscenze genetiche dal laboratorio alla clinica, insomma un altro esempio di terapia traslazionale che è sempre stata uno dei cavalli di battaglia dell’ Istituto di Ematologia di Perugia.

“Il protocollo clinico – ha aggiunto Falini – prevede il trattamento di pazienti con linfoma di Hodgkin resistenti alle terapie convenzionali, utilizzando un farmaco chiamato ruxolitinib che si assume per via orale e va proprio a colpire le mutazioni di JAK1/2 attive in questo tipo di linfoma. Per aumentarne l’efficacia, il ruxolitinib verrà impiegato in combinazione con l’ immunoterapia, cioè con anticorpi monoclonali come il brentuximab e il nivolumab”.

L’efficacia del trattamento verrà valutato, oltre che con metodiche tradizionali come la TAC-PET, anche tramite tecniche molecolari sofisticate, come, ad esempio, la biopsia liquida, la quale permette di rilevare la presenza di mutazioni tumorali direttamente in un prelievo di sangue.

I risultati preliminari di questo nuovo approccio terapeutico in due giovani pazienti con linfoma di Hodgkin si sono rivelati molto promettenti, così che il futuro sembra offrire migliori prospettive di cura e remissione della malattia.