Home Attualità Minori adescati nel web, arrestati 19 “lupi cattivi”

Minori adescati nel web, arrestati 19 “lupi cattivi”

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La Polizia Postale ha condotto serrate indagini in Rete per scovare loschi figuri che cercavano di circuire adolescenti tentando di farsi inviare immagini pedopornografiche

Di Francesco Castellini – Attenzione bambini adesso il “lupo cattivo” si nasconde nella Rete. È lì che la Polizia postale dell’Umbria nel 2017 ha “beccato” in flagranza di reato loschi figuri che cercavano di circuire minori. Il compartimento della Polizia Postale impegnato nella prevenzione e nel contrasto della criminalità informatica, ha tracciato il bilancio dell’attività dell’anno appena concluso e ha reso noto che dopo attente indagini sono state arrestate 19 persone, mentre a 129 è stata notificata denuncia per reati che vanno dalla pedopornografia on-line al cyberstalking fino al cyberterrorismo.

Ma se questa è la punta dell’iceberg, il quadro generale parla di circa 1.900 casi trattati nel complesso. Di questi in particolare trentatré hanno riguardato proprio la pedopornografia on-line, con 16 perquisizioni, due arresti e 11 denunce.

L’adescamento di minori si sta rivelando un fenomeno in aumento anche nella nostra regione, facilitato soprattutto dalla diffusione dei social network.

Ormai è allarme sociale: un ragazzo su tre, tra i 10 e i 15 anni, riceve o invia immagini a sfondo sessuale. I dati sono confermati dall’Istat, dalla giustizia minorile e da Telefono Azzurro. E così, mentre il bullismo e il cyberbullismo sono attività circoscritte e limitate, il sexting e il “grooming”, vale a dire il pericoloso fenomeno dell’adescamento on line di minori, del quale si sa ancora molto poco perché è per buona parte sotterraneo, si va diffondendo in maniera virale e incontrollata.

Si stima che 4 adolescenti su 10 reputino assolutamente normale condividere tutto ciò che fanno, foto e immagini personali e private sui social network e nelle chat. Il sexting, ossia fare sesso attraverso l’invio nelle chat di video o foto sessualmente espliciti, in un solo anno, è passato dal 6,4% al 10%. Sta diventando una pratica sempre più diffusa di conquista dell’altro, di divertimento, di provocazione, di sesso, già a partire dalle scuole medie (5%), con ragazze che si espongono a rischi elevatissimi e adolescenti che creano addirittura database nei telefonini, cartelle segrete a luci rosse, che invece di scaricare foto ed immagini pornografiche, si inviano quelle delle compagne e delle amiche.

Un’altra tendenza dagli aspetti spaventosamente dilaganti, che colpisce maggiormente le ragazze, è la revenge porn, ovvero la diffusione sul web di foto intime o di video pornografici per motivi di ricatto o vendetta, solitamente dopo la chiusura di una storia o dopo un tradimento, quando prevalgono sentimenti di rabbia e rancore, che non si riescono a gestire.

Oggi, ad averne subito la minaccia o la messa in atto vera e propria è il 5% degli intervistati, ovvero si tratta di 1 adolescente su 20. Una pratica che, come avvertono gli psicologi, rischia di rovinare irrimediabilmente la reputazione e l’immagine della vittima in questione.

Ci troviamo di fronte ad una tipologia di violenza sempre più subdola, sempre più mirata a ledere la privacy e a colpire nell’intimità. Lo schermo deresponsabilizza e disinibisce, e proprio per tale ragione bisogna lavorare sul far capire agli adolescenti che anche se si tratta di un’immagine o di un video, dietro c’è una persona fisica con emozioni e sentimenti e soprattutto far comprendere a chi condivide e alimenta la diffusione in rete, che è colpevole quanto chi pubblica.

Da un’indagine risulta che quattro ragazzi intervistati su 5 (73%) dichiarano di frequentare costantemente siti pornografici e il 28% di loro teme di diventarne dipendente; mentre 1 su 10 (11%) conosce qualcuno che ha fatto sexting: invio di messaggi sessualmente espliciti o immagini inerenti al sesso.

Tra le esperienze peggiori vissute dai ragazzi in Rete c’è quella di essere deriso da amici o conoscenti. Più di uno su 10 (12%) dichiara di essere stato vittima di cyberbullismo; il 32% ha paura di subirlo; mentre il 30% teme il contrario: postare qualcosa che offenda qualcuno senza accorgersene.

Altro dato sorprendente della ricerca riguarda l’uso del denaro che gli adolescenti fanno sulla rete. Un intervistato su 10 confessa di aver proceduto a un acquisto senza accorgersene, ma quello che salta all’occhio è che più di 2 su 3 (38%) compra regolarmente con carta di credito dei genitori (63%) o con propria (22%).

Dalla ricerca è anche emerso che spesso i genitori non sono in grado di intervenire: il 71% degli adulti intervistati dichiara di non aver mai sentito parlare di sexting, il 12% di non sapere che cos’è il cyberbullsimo.

E dunque contrastare il fenomeno non è affatto facile. Intanto perché i pedopornografi, i pervertiti, gli adescatori di minori, si nutrono pressoché indisturbati di questo bailame per trarne personali e infiniti vantaggi.

E poi è anche una questione di nuove tecnologie da saper controllare e gestire. Sì perché a contribuire oltremodo al diffondersi di questa piaga, da pochi anni a questa parte, è stata la diffusione capillare di telefonini e smartphone tra i ragazzini che, connessi 24 ore su 24 su siti web e social network, sfuggono completamente al controllo dei genitori. L’adescamento dei minori online è un problema sempre più diffuso tra i bambini e gli adolescenti: infatti, circa 2 adolescenti su 10 sono stati adescati online da adulti sconosciuti, in particolare le ragazze. Oltre il 18% accetta l’amicizia da chiunque gliela chieda, anche se le ragazze risultano più attente e selettive rispetto ai coetanei maschi (14%). Il problema risiede nel fatto che troppi adolescenti, pur di avere un numero elevato di “amici”, accettano l’amicizia di chiunque, senza neanche controllare chi realmente si nasconde dietro.

Il 29% ha comunque paura che possa essere contattato da qualcuno con la reale intenzione di adescarlo, soprattutto le ragazze (22%). I preadolescenti nella fascia 11-13 anni mostrano una maggiore preoccupazione rispetto a questo fenomeno, infatti il 56% teme che le proprie fotografie condivise online possono finire nelle mani sbagliate e il 61% teme che dietro i profili falsi si possano nascondere adulti malintenzionati, ma nonostante questo più di 4 preadolescenti su 10 hanno chattato con completi sconosciuti mentre più di 3 su 10 hanno incontrato dal vivo una persona conosciuta su Internet.

Da questi dati emerge un bisogno enorme da parte dei ragazzi di creare legami online, perché spesso troppo soli e abbandonati nella Rete e appena trovano qualcuno in grado di dargli un minimo di ascolto, si lanciano completamente, non valutano le conseguenze e vanno dritti verso la trappola.

Facebook, Instagram, Ask, Snepchat sono solo alcuni dei luoghi virtuali frequentati da adolescenti, che i genitori non conoscono e non sanno come controllare. E’ per questo che l’Ifor, in collaborazione con altre associazioni e con il Dipartimento di giustizia minorile, porta avanti da anni il progetto dei “genitori digitali”.

E’ un network di padri e madri che si sono dati il compito di monitorare ciò che accade in rete. Quindi ogni volta che questi, insieme alle sentinelle digitali, cioè gli studenti, si rendono conto che ci sono dei post, commenti, video, che possono essere in qualche modo a rischio, li individuano e li segnalano. A quel punto entra in azione l’osservatorio cybercrime che interviene collaborando anche con la polizia postale per portare avanti i necessari interventi di prevenzione e di contrasto.

Una sinergia che sta dando buoni frutti. Anche se ovviamente ancora c’è molto da fare e non bisogna mai abbassare la guardia.