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Foibe, è il giorno del ricordo

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Il 10 febbraio è un momento di riflessione per commemorare le migliaia di italiani morti in quella che la storia chiama “le foibe”

Nel 2004 il Parlamento italiano ha istituito per il 10 febbraio il Giorno del ricordo, un momento di riflessione per commemorare le migliaia di italiani morti in quella che la storia chiama “le foibe”.
Vediamo di cosa si tratta.
Si chiamano foibe le cavità naturali, profonde anche centinaia di metri, che esistono nella regione del Carso. Lì, a partire dal crollo del regime fascista nel 1943, furono compiuti massacri contro la popolazione italiana ad opera dei partigiani (sostenitori) comunisti iugoslavi del maresciallo Tito, il rivoluzionario filo sovietico (ossia amico dell’Unione Sovietica) che, con la fine della Guerra mondiale, sarebbe diventato dittatore della Iugoslavia fino al 1980 (la Iugoslavia è la regione occidentale della penisola balcanica ed è esistita come stato indipendente fino al 2003).

Secondo quei partigiani tutti gli italiani erano fascisti o contrari al regime comunista perciò, senza andare per il sottile, tutti gli italiani non comunisti che vivevano in Istria e in Dalmazia (due zone del Friuli Venezia Giulia) furono trattati come “nemici del popolo”, torturati e poi gettati nelle fosse naturali chiamate foibe con una procedura terrificante che non vi raccontiamo. Non si sa con esattezza quanti italiani furono uccisi in modo così barbaro ma, secondo alcuni storici, forse anche 10mila persone se non di più. Vediamo l’origine diquesta violenza cieca.

UNA STORIA TRAGICA

Durante la II Guerra mondiale, dopo l’armistizio di Cassibile (Siracusa) dell’8 settembre 1943, con il quale l’Italia cessò le ostilità verso gli eserciti Alleati, accadde che in Istria e Dalmazia il Governo italiano smise, di fatto, di esistere. Cominciò così una lunga serie di violenze contro la popolazione italiana residente in quei territori.

La ragione di queste violenze va cercata nel fatto che i partigiani iugoslavi di Tito vollero vendicarsi contro i fascisti (e contro gli italiani in genere). Infatti, dalla fine della I Guerra mondiale fino all’armistizio della II Guerra gli italiani avevano amministrato duramente quelle zone, abitate per metà da popolazioni slovene e croate, ossia di origine slava. A queste persone venne imposta un’italianizzazione forzata e con i metodi violenti dei fascisti: pestaggi e, durante la guerra, deportazioni nei campi di concentramento nazisti.

Come se non bastasse nel 1945, quando alla fine della Guerra mondiale Tito prese il potere in Iugoslavia le violenze contro gli italiani aumentarono. Il 1° maggio 1945 l’esercito iugoslavo occupò la città di Trieste per riprendersi i territori che, dopo la sconfitta dell’Impero austro-ungarico alla fine della I Guerra mondiale, le furono sottratti.

In appena due mesi gli italiani che vivevano in Istria, in Dalmazia e nella città di Fiume furono costretti ad abbandonare tutto e a fuggire in Italia. Chi non lo fece abbastanza in fretta venne ucciso dall’esercito di Tito e gettati nelle fosse delle foibe o deportati nei campi di concentramento in Slovenia e in Croazia. Si stima che, alla fine, gli esuli italiani furono almeno 250mila.

La Foiba di Basovizza (Trieste) si trova sull’altopiano del Carso. Nel 1992 il presidente della Repubblica italiana Oscar Luigi Scalfaro ha dichiarato il pozzo monumento nazionale e inaugurato questo monumento a testimonianza e ricordo di tutte le vittime degli eccidi del 1943 e 1945. | wikipedia

LE CONSEGUENZE DEL DOPOGUERRA

Il dramma della popolazione italiana nelle regioni orientali italiane non finì con la fine della guerra ma solo con il trattato di pace di Parigi, firmato il 10 febbraio 1947. La loro sorte venne decisa dalle potenze alleate che avevano vinto la guerra. Decisero che le città di Fiume, Zara così come tutta l’Istria e le isole della Dalmazia venivano annesse (unite) alla Iugoslavia. Come se no bastasse, tutti i beni dei cittadini italiani di quelle regioni vennero confiscati. Questo trattato diede origine a una fuga forzata degli italiani da quelle regioni, che abbandonando praticamente tutto ciò che avevano.

L’Italia riprese il controllo amministrativo della città di Trieste solamente il 26 ottobre 1954, quando la città cessò di essere territorio internazionale (ossia amministrato dalla comunità internazionale e dalla Iugoslavia) e tornò a fare parte dell’Italia.

LA GIORNATA

La legge che istituisce il “Giorno del ricordo” è stata proposta dal deputato triestino Roberto Menia e approvata dal Parlamento italiano nel 2004. Viene celebrata il 10 febbraio di ogni anno (perché è anniversario del trattato di Parigi di cui vi abbiamo detto sopra) con lo scopo di conservare “la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale italiano”.
Fonte 


Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha rilasciato la seguente dichiarazione:

«Il  “giorno del Ricordo”, istituito con larghissima maggioranza dal Parlamento nel 2004, contribuisce a farci rivivere una pagina tragica della nostra storia recente, per molti anni ignorata, rimossa o addirittura negata: le terribili sofferenze che gli italiani d’Istria, Dalmazia e Venezia Giulia furono costretti a subire sotto l’occupazione dei comunisti jugoslavi. Queste terre, con i loro abitanti, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, conobbero la triste e dura sorte di passare, senza interruzioni, dalla dittatura del nazifascismo a quella del comunismo.

Quest’ultima scatenò, in quelle regioni di confine, una persecuzione contro gli italiani, mascherata talvolta da rappresaglia per le angherie fasciste, ma che si risolse in vera e propria pulizia etnica, che colpì in modo feroce e generalizzato una popolazione inerme e incolpevole.

La persecuzione, gli eccidi efferati di massa – culminati, ma non esauriti, nella cupa tragedia delle Foibe –  l’esodo forzato degli italiani dell’Istria della Venezia Giulia e della Dalmazia fanno parte a pieno titolo della storia del nostro Paese e dell’Europa.

Si trattò di una sciagura nazionale alla quale i contemporanei non attribuirono – per superficialità o per calcolo – il dovuto rilievo.  Questa penosa circostanza pesò ancor più sulle spalle dei profughi che conobbero nella loro Madrepatria, accanto a grandi solidarietà, anche comportamenti non isolati di incomprensione, indifferenza e persino di odiosa ostilità.

Si deve soprattutto alla lotta strenua degli esuli e dei loro discendenti se oggi, sia pure con lentezza e fatica, il triste capitolo delle Foibe e dell’esodo è uscito dal cono d’ombra ed è entrato a far parte della storia nazionale, accettata e condivisa. Conquistando, doverosamente, la dignità della memoria.

Esistono ancora piccole sacche di deprecabile negazionismo militante. Ma oggi il vero avversario da battere, più forte e più insidioso, è quello dell’indifferenza, del disinteresse, della noncuranza, che si nutrono spesso della mancata conoscenza della storia e dei suoi eventi. Questi ci insegnano che l’odio la vendetta, la discriminazione, a qualunque titolo esercitati, germinano solo altro odio e violenza.

Alle vittime di quella persecuzione, ai profughi, ai loro discendenti, rivolgo un pensiero commosso e partecipe. La loro angoscia e le loro sofferenze non dovranno essere mai dimenticate. Esse restano un monito perenne contro  le ideologie e i regimi totalitari che, in nome della superiorità dello Stato, del partito o di un presunto e malinteso ideale, opprimono i cittadini, schiacciano le minoranze e negano i diritti fondamentali della persona. E ci rafforzano nei nostri propositi di difendere e rafforzare gli istituti della democrazia e di promuovere la pace e la collaborazione internazionale, che si fondano sul dialogo tra gli Stati e l’amicizia tra i popoli.

In quelle stesse zone che furono, nella prima metà del Novecento, teatro di guerre e di fosche tragedie, oggi condividiamo, con i nostri vicini di Slovenia e Croazia, pace, amicizia e collaborazione, con il futuro in comune in Europa e nella comunità internazionale».


“Onore ai Martiri delle , migliaia di uomini, donne e bambini, massacrati dai comunisti solo perché italiani”.
Così su Twitter il leader della Lega, Matteo Salvini, che questa mattina parteciperà assieme alla leader di Fdi Giorgia Meloni alle celebrazioni prima alla foiba di Monrupino e poi al Sacrario di Basovizza in provincia di Trieste in occasione del Giorno del Ricordo. Alle 16, invece, al Senato si terrà una commemorazione con il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e i presidenti di Camera e Senato Roberto Fico ed Elisabetta Casellati.