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Divorzi in aumento, a pagare sono i figli

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Una realtà dolorosa e traumatica che spesso toglie serenità nell’infanzia, nell’adolescenza e nella giovinezza

divorzio_litigi_famiglia_minoriDi Ubaldo Valentini – I minori per la società sono soggetti da tutelare ma non sempre queste aspettative trovano attuazione nelle scelte che li riguardano. Oggi, le coppie con figli per il 60% non convivono più assieme (alcune delle quali, sempre con altri figli, sono addirittura al secondo e terzo fallimento di convivenza) e i figli subiscono, sempre, il disagio della famiglia scissa e/o allargata, anche quando si lasciano senza farsi la guerra. Nella maggioranza dei casi, però, i divorzi avvengono in modo conflittuale e i minori vengono coinvolti in situazioni che non permettono loro di vivere serenamente l’infanzia, l’adolescenza e la giovinezza.

La scuola, a dire degli stessi operatori scolastici, non sempre è attenta all’effetto spesso negativo che la separazione dei genitori provoca nella vita dei figli. Si tengono corsi di aggiornamento per i docenti e per il personale scolastico incentrati sulle devianze e sulle problematiche dei giovani, compreso il bullismo, e con facilità si dimenticano le cause che sono alla base degli atteggiamenti devianti e di ribellione dei giovani, cioè la mancanza di una famiglia di riferimento unita e della estromissione, di fatto, di un genitore nelle separazioni e nei divorzi.

Manca una cultura dei genitori a saper scindere il ruolo della genitorialità da quello del loro reciproco amore che può finire, mentre genitori si resta per tutta la vita poiché i figli avranno sempre bisogno di rapportarsi con loro.

I tribunali troppo spesso sono sensibili alle esigenze degli adulti e, quando sentenziano, finiscono per considerare il minore oggetto del contendere dei genitori e non soggetto con diritti e sentimenti. La sua tutela non può essere sacrificata agli interessi, talvolta solo egoistici, dei genitori.

In molte sentenze si parla dei diritti dell’adulto, delle sue libertà ma pochissime sono quelle che si soffermano sulle esigenze inderogabili dei minori. Lasciano perplesse alcune decisioni della Cassazione, talvolta contraddittorie tra loro, che sostengono che il genitore affidatario possa trasferirsi con il figlio anche in luoghi distanti migliaia di km dall’altro genitore, costringendo il minore a vederlo solo raramente. Si sradica il bambino dal suo contesto sociale ed amicale in cui è nato ed è sempre vissuto e gli si toglie la presenza continuativa e formativa dell’altro genitore. Disarmante la motivazione addotta per giustificare le conclusioni degli ermellini: negare al genitore affidatario (cioè all’adulto) di trasferirsi con il figlio dove vorrà vorrebbe dire negare la sua libertà, il minore non risentirebbe del radicale cambiamento perché la sua giovane età gli permetterà di adattarsi alle nuove situazioni esistenziali ed ambientali e vedere l’altro genitore solo raramente non gli procurerà disagio. Il giudice Buffon si è opposto in modo molto critico a queste conclusioni.

La conflittualità tra i genitori – “abusata” dai servizi sociali per giustificare il mancato rispetto del diritto alla bigenitorialità (che non può prescindere da una presenza costante e significativa di ambedue i genitori) – è alimentata troppo spesso dai provvedimenti generici, ambigui e talvolta iniqui dei tribunali, dalla discutibile professionalità dei servizi sociali e dei psicologi incaricati dal tribunale ad analizzare la situazione dei minori e dalla emarginazione del genitore non collocatario o non affidatario.

Al fine di superare la discrezionalità e la scarsa imparzialità dei tribunali e dei servizi sociali è indispensabile predisporre protocolli d’intesa con il coinvolgimento di tutti coloro che sono chiamati a tutelare i minori nelle separazioni: tribunali, genitori separati e le loro associazioni di riferimento, servizi sociali, enti locali, ordini professionali. Solo così si avrà la fine dell’attuale discrezionalità e disparità di trattamento dei minori e dei loro genitori che varia da città a città, da tribunale a tribunale e che alimenta solo la deleteria conflittualità tra i genitori.

Il protocollo d’intesa è previsto dal DPR 616/77(art. 23 l.c.) con cui il legislatore ha trasferito le funzioni amministrative esclusivamente agli Enti territoriali. Con la riforma costituzionale del 2001 sono state trasferite anche le funzioni legislative. In sostanza Regioni e Comuni hanno gli strumenti per disciplinare la materia in via preventiva, riservando ai tribunali soltanto le questioni di diritto sostanziale.

La sindrome dell’alienazione parentale (Pas) provoca l’immotivato rifiuto da parte del minore del genitore non collocatario e trae origine proprio da provvedimenti giudiziari iniqui e da interventi frettolosi, superficiali – e pertanto inopportuni – dei servizi sociali che finiscono per estromettere dalla vita dei propri figli uno dei due genitori. L’applicazione seria e controllata di un protocollo operativo nelle separazioni e nei divorzi garantisce un drastico contenimento degli “abusi istituzionali” a cui sono sottoposti i minori proprio da coloro che dovrebbero garantire loro una compresenza dei genitori anche dopo la fine della convivenza.

La professionalità degli operatori coinvolti per agevolare l’attività dei tribunali, inoltre, non può essere attestata solo da titoli di studio o corsi “brevi” ma deve essere “certificata” continuamente da personale esperto ed esterno alle strutture su cui si devono effettuare i riscontri professionali.

Parlare della bigenitorialità come conquista dei separati vuol dire confermare il fallimento della genitorialità che non esiste senza le indispensabili due figure di riferimento: padre e madre.

Dopo l’entrata in vigore della legge n. 54 nel 2006 (affido condiviso) un contributo alla fine della dialettica eccessiva, o meglio alla conflittualità, che produce danni – talvolta irreversibili – nella fragile psiche dei minori viene senz’altro dalla cultura dell’affido condiviso alternato ancora troppo avversato da molti giudici, dai servizi sociali e dalla quasi totalità degli psicologi.

Con l’affido condiviso alternato, i figli possono contare sempre sulla presenza fattiva dei due genitori, si muovono con spontaneità nelle due abitazioni a cui fanno riferimento, i minori mantengono i loro rapporti affettivi e sociali con l’ambiente dove sono nati e fino ad allora cresciuti, i genitori necessariamente sono chiamati o “costretti” a collaborare nel superiore interesse dei propri figli allontanando la tentazione delle carte bollate che non sempre risolvono i problemi.

La presenza dei figli alternata con i singoli genitori non deve essere armonizzata nell’arco di due settimane garantendo a tutti, genitori e figli, il fine settimana alternato.

L’affido condiviso alternato – scelto liberamente nelle separazioni consensuali e nei divorzi congiunti oppure inserito nelle sentenze dei tribunali nelle separazioni giudiziali- ha garantito la fine della conflittualità tra i genitori, ha permesso la genitorialità continua, anche dopo la fine di un amore. L’esito positivo dell’affido alternato, dopo i primi mesi, dimostra chiaramente che le preoccupazioni iniziali erano infondate. Molti giudici sono sempre più fermi sostenitori di questa teoria.