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Legge di Bilancio: Crescita, lotta alla povertà e conti Ok

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Marina Sereni

“Non possiamo consentirci che tutto entri nel tritacarne della polemica quotidiana”

Marina Sereni
Marina Sereni

di Marina Sereni – La manovra da 3,4 miliardi di Euro – necessaria per rispettare gli impegni con l’Europa – e il Def approvati nei giorni scorsi dal Consiglio dei Ministri sono giustamente al centro del dibattito politico e istituzionale. Ancora troppo poco forse, visto che stiamo parlando dell’impostazione della prossima Legge di Bilancio,
l’ultima di questa legislatura.
La cosiddetta manovrina non è ancora definita nei dettagli anche se le misure già note sono molto chiare e a mio parere del tutto condivisibili. Non ci sono inasprimenti fiscali, si agisce sulla lotta all’evasione, c’è una attenzione importante per le aree del
Centro-Italia colpite dal sisma, in particolare per quanto riguarda la ripresa e il rilancio dell’economia. Un impegno che il Parlamento e le comunità delle aree colpite dal terremoto avevano chiesto al quale il Governo ha corrisposto tempestivamente e positivamente.
Il Documento di Economia e Finanza invece è già stato inviato al Parlamento, che lo esaminerà nelle prossime settimane. Per chi avesse voglia di approfondire, il testo del Def ed i relativi allegati sono disponibili qui.
Mi limito ad una brevissima citazione e a due considerazioni politiche. “È intenzione del Governo continuare nel solco delle politiche economiche adottate sin dal 2014, volte a liberare le risorse del Paese dal peso eccessivo dell’imposizione fiscale e a rilanciare al tempo stesso gli investimenti e l’occupazione, nel rispetto delle esigenze di consolidamento di bilancio”.
La prima considerazione politica: il Governo Gentiloni ha scelto una linea di continuità con le politiche economiche e sociali del Governo Renzi, né si sarebbe compreso il contrario visto che i risultati ci sono e sono positivi per quanto riguarda la crescita, graduale ma continua, per quest’anno stimata all’1,1%, per quanto riguarda l’occupazione, con più di 734 mila unità rispetto al punto più basso toccato nel 2013, per quanto riguarda l’imposizione fiscale, scesa dal 43,6% al 42,3 %, per
quanto riguarda i consumi delle famiglie.
Questi risultati si sono raggiunti senza trascurare l’esigenza di avere i conti in ordine. Non “perché ce lo chiede l’Europa”, con la quale anzi il nostro Governo continuerà a discutere sulla modalità di interpretare le regole di bilancio vigenti e sulla necessità di scriverne di nuove per il futuro, ma perché ci conviene, perché ci sono i mercati e noi
dobbiamo responsabilmente gestire un debito pubblico molto grande, figlio di stagioni politiche passate. Ecco, anche sotto questo profilo le grandezze riportate nel Def indicano che, facendo scelte oculate, abbiamo tenuto sotto controllo la spesa pubblica, come testimoniano sia i numeri del rapporto deficit/Pil sia quelli sul debito. Insomma in questi anni abbiamo cercato un equilibrio virtuoso tra investimenti, riduzione delle tasse, occupazione da un lato e controllo della spesa dall’altro.
Il Def indica la necessità di proseguire su questa strada con alcune misure ulteriori sia a vantaggio delle imprese che investono e creano occupazione (per esempio riducendo il carico fiscale sul lavoro dei giovani) sia sostenendo le aree più deboli con l’entrata a regime del Reddito di Inclusione Sociale, finanziato per coprire in prima battuta circa 600.000 famiglie in condizioni di povertà. E con il Piano Nazionale di Riforme individua alcuni terreni sui quali agire per rendere la nostra economia più dinamica e competitiva. (Certo, la battuta d’arresto sulla riforma costituzionale pesa anche se le linee indicate dal PNR non sono poca cosa).
La seconda considerazione: leggo commenti scettici sulla direzione indicata dal Def, che non scalderebbe i cuori, che si poteva “osare” di più. Ma che significa? Quando si deve far quadrare il cerchio non si debbono per forza cercare effetti speciali. Qualsiasi scelta più spinta – sul lato dei tagli di spesa o dell’aumento delle entrate per esempio- avrebbe delle conseguenze. Conoscendo le abitudini di alcuni commentatori nostrani, peraltro, non ci vuole molta fantasia per immaginare quali sarebbero stati i giudizi se il Governo avesse osato di più… Per carità, le critiche quando sono costruttive possono servire a migliorare i provvedimenti del Governo. E di certo il confronto parlamentare  che si svilupperà a partire dal Def fino alla Legge di  Bilancio sarà utile anche per questo. Tuttavia mi sento di esprimere una preoccupazione e un appello: non riduciamo tutto ai retroscena, non lavoriamo sui punti di vero o presunto scontro all’interno delle maggioranza o del Pd. Proviamo a stare al merito delle proposte del Governo: vale per la politica, per gli esperti che scrivono sui giornali, ma anche per i cosiddetti corpi intermedi.
L’Italia ce la può fare, siamo dentro un contesto internazionale carico di incertezze, non possiamo consentirci che tutto entri nel tritacarne della polemica quotidiana. Lo dico per il Pd, che sta tenendo un congresso importante. Lo dico per i partiti che sostengono il governo ( a proposito: ma Mdp davvero lo sostiene questo Governo? Il voto di ieri sul Decreto immigrazione e alcuni interventi anche sulle questioni
economiche fanno sorgere più di un dubbio…). Lo dico per i leader sindacali e delle organizzazioni delle imprese: questo passaggio, e soprattutto i prossimi mesi da qui alla Legge di Bilancio, sono un’occasione per verificare se ognuno farà prevalere il proprio ristretto interesse di parte oppure se c’è davvero la volontà di spingere tutti insieme il Paese a percorrere più rapidamente e più sicuro la strada della ripresa.