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All’indomani del virus, ci saranno ripide montagne da scalare

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Al presente, crescono alcuni preoccupanti segnali d’allarme

di Adriano Marinensi – Ora il sospetto sta avvicinandosi al credito. I ricercatori americani – vista e considerata la rapidità di diffusione del coronavirus – stanno ipotizzando che il contagio avvenga, non solo per contatto (starnutendo, tossendo, toccando superfici infette), ma per aerosol; cioè attraverso la presenza nell’aria di particelle infette infinitesimali, capaci di rimanere sospese per tempi e distanze elevati. Significa che il metro di separazione, fissato per evitare il propagarsi dell’epidemia non garantisce più. Allora, in qualsiasi ambiente, basta la presenza di un solo “portatore” per generare contagio. La speranza questa volta è negatrice della scienza. Altrimenti si tratterebbe di una conclusione dalle conseguenze allarmanti che rischia di appesantire la situazione già abbastanza spaventosa.

Sgomenta, tra le conseguenze del virus, la crescita dei senza niente e l’accentuarsi delle disparità. Il momento di un intervento di sostegno ben programmato, in nome della solidarietà, è giunto e pare destinato a diventare gigante. E’ l’occasione per mettere in campo la massima efficienza. Indispensabile gestire la situazione con qualità istituzionali, morali ed umane rilevanti, con professionalità e competenza. Sarà un duro esame di maturità amministrativa e di sensibilità sociale. Si presenteranno, a breve, gli effetti collaterali di innumerevoli solitudini, di claustrofobie imposte. E chissà quanti anziani, molto anziani, prima deambulanti magari col sostegno altrui, rimarranno nel loro esilio domiciliare per causa di prolungata inattività. E per paura. Il motto “chi si ferma è perduto”, vale, nella circostanza, per la terza e la quarta età.

A Terni, l’AST ha tremato e con essa la città. C’è stato (non è ancora cessato) allarme rosso nel settore siderurgico nazionale per il blocco operativo. L’azienda rimane il centro propulsore dell’economia cittadina e l’esclusivo mezzo di sostentamento di tantissime famiglie. Per decenni si è chiamata “Società Terni” per la simbiosi che la lega al progresso locale. Non era affatto brillante la situazione prima dell’emergenza sanitaria; per la forzata chiusura, all’Acciaieria si cominciava a respirare una brutta aria. Le aziende estere concorrenti continuavano la regolare produzione, con la possibilità di aggredire i mercati. L’a.d. della fabbrica umbra ha fatto notare: “Nell’intero complesso Thyssen Krupp, siamo l’unico impianto fermo”. Ora si riparte con l’obiettivo tenace di recuperare il terreno perduto. E, si auspica, in condizioni di massima sicurezza per i lavoratori.

Un forte grido di soccorso arriva da quelle zone d’Italia dove l’attività agricola è strategica e fortemente dipendente dalle braccia dei lavoratori stranieri. Quelli che, qualche pseudo uomo politico nostrano vorrebbe cacciare a pedate. Invece, senza di loro non si semina e non si raccoglie, non si produce il latte negli enormi allevamenti bovini, non si portano al mercato le enormi quantità di frutta e verdura e quant’altro ci serve per riempire i carrelli della spesa quotidiana. La paura del virus, quelle braccia le ha fatte fuggire altrove oppure tornare in Patria. C’erano anche nostri connazionali anziani pensionati, giovani disoccupati, persone di buona volontà disponibili, dietro compenso, nel rendersi utili, in periodi stagionali, per lavorare nei campi. La quarantena obbligatoria li ha rinchiusi in casa e pure questo supporto marginale è venuto meno. Intervenire a sostegno dell’attività di produzione agricola è diventata urgenza primaria. Insomma, se le fabbriche manifatturiere rappresentano la struttura portante del sistema economico, l’agricoltura è fondamento per la vita di tutti i giorni. E non si può fermare, perché la terra è dove nasce l’alimentazione per il mondo intero.

Ma, torniamo dalle nostre parti. Forse l’unico che, a Terni, si è giovato della fermata generale delle attività urbane, è l’ecosistema. Calato il movimento veicolare, l’atmosfera ha perso molto del suo grigiore abituale. Meno gas di scarico e meno decibel molesti. Hanno ripreso a dormire pure i ternani molestati dalla movida. Se non fosse eresia, si potrebbe dire che il virus è riuscito (a risolvere problemi), laddove i governanti locali avevano fallito. In più, la gran parte dei motori fermi ha dimostrato che si può sopravvivere senza l’assillo illimitato delle scatole di latta. Importante sarà ridare il via al traffico, facendo memoria degli aspetti positivi della situazione appena pregressa. Sempre che la fregola del tornare alla normalità non generi ritorni d’infezione.

Chi diventerà attore protagonista nel dopo virus, sarà l’elettrauto. Mestiere prezioso per la rimessa in movimento di tanti motori rimasti con la batteria scarica. E la sostituzione delle altrettante completamente sfiatate. Lo vedremo all’opera lo strategico artigiano lungo le vie, nei parcheggi e dentro i garage. Lo spasimo degli appiedati si tradurrà in una prenotazione obbligatoria per un intervento a breve termine. No, subito non è possibile, siamo tempestati di chiamate. Attendere prego, per non perdere la priorità acquisita. Anche questo dovremo patire dopo la stagione oscura del COVID 19.

Ma ben oltre l’ironia usata per sdrammatizzare, sta qualcosa di maggiore coinvolgimento ed impatto interiore. Quella che comincia sarà – per intero – una Settimana di Passione. Con ancora morti e ammalati. Le Chiese tutte chiuse, che neppure durante i periodi sciagurati della guerra armata, saranno il segno della tristezza per i credenti ed anche per le persone di minor fede. Questo tempo sospeso ha sconvolto le fondamenta storiche – spirituali e civili – del trascorrere la Pasqua. Senza i riti, che sono parte della nostra esistenza, la sacralità dei giorni sembrerà ammainata. Non abbiamo avuto le Palme, i ramoscelli d’ulivo benedetto che portavano nelle famiglie il messaggio della pace. C’è soltanto il dolore del lutto in alcune aree del Paese dove il serial killer invisibile ha ucciso una intera generazione. Le tradizioni laiche, alcune già emarginate dal moderno travolgente, rischiano di uscire persino dalla memoria. Così si allontana ciò che aiutava a comprendere e conservare il senso umano d’essere comunità. Il Padre celeste che la Domenica di Pasqua ha aiutato il Figlio Suo a risorgere dalla Croce, aiuterà pure gli uomini, nel nome della speranza cristiana, a superare il male e la paura.